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Dietro alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, si nasconde uno scontro molto più acceso che riguarda l’egemonia tra il dollaro e il renminbi, altrimenti detto “yuan”, come valuta di riserva globale. Ricordiamo che per valuta di riserva si intende una valuta detenuta dalle banche centrali dei paesi per far fronte ad eventuali crisi della bilancia dei pagamenti. Il dollaro americano rispecchia in pieno queste caratteristiche.
L’accordo di Bretton Woods del 1944 ha dato avvio alla supremazia del dollaro come valuta di riserva internazionale. A quell’epoca, tutte le valute avevano un rapporto di cambio fisso con il dollaro, il quale a sua volta era ancorato all’oro (da qui il regime del “Gold Exchange Standard”).
All’inizio degli anni ’70, i paesi iniziarono a domandare più oro dando in cambio i dollari, allo scopo di frenare la galoppante inflazione. Gli Stati Uniti avevano inoltre bisogno di aumentare il deficit fiscale per sostenere la Guerra in Vietnam. Il 15 Agosto 1971, il Presidente americano Richard Nixon decise di sganciare il dollaro dall’oro e di porre fine agli accordi di Bretton Woods.
Dal 1973 in poi, le principali valute iniziarono a muoversi liberamente sui mercati in un regime di cambi flessibili.
Ancora oggi la forza relativa dell’economia americana continua a rendere il dollaro la valuta di riserva mondiale per eccellenza.
La percentuale del dollaro nelle riserve valutarie mondiali è diminuita dall’80% negli anni ’70 a circa il 60% di oggi.
Entro dieci anni, gli Stati Uniti non saranno più l’economia più grande al mondo. Al loro posto ci sarà la Cina, con un Pil pari a 37 trilioni di dollari, secondo le stime fatte dal Fmi.
Il peso dell’economia cinese nel mondo passerà dal 15%, nel 2019, al 22% nel 2030. Dal 2016, lo yuan è entrato ufficialmente a far parte del basket di valute di riserva del Fondo Monetario Internazionale.
Considerando il ruolo strategico della Cina nei flussi commerciali internazionali e le prospettive di crescita dell’economia cinese, lo yuan è destinato nei prossimi anni ad accrescere sempre di più il suo ruolo come valuta di riserva globale.
Tuttavia, la volontà delle banche centrali globali di detenere yuan non dipenderà soltanto dalle dimensioni dell’economia cinese.
Negli ultimi tempi però gli Stati Uniti stanno mettendo a dura prova la resistenza dello yuan a suon di dazi commerciali sui prodotti cinesi. La banca centrale cinese, infatti, continua ad intervenire per cercare di svalutare lo yuan e controbilanciare in questo modo gli effetti negativi dei dazi sulle esportazioni cinesi.
Affinché lo yuan diventi una valuta di rifugio, la Cina dovrà intraprendere una serie di riforme orientate all’apertura del mercato dei capitali e alla flessibilità del cambio. E come sappiamo, ancora oggi, tali riforme incontrano numerose resistenze politiche in Cina. Nel prossimo decennio, la fiducia degli investitori globali riposta nelle istituzioni cinesi sarà un aspetto fondamentale per determinare il destino dello yuan.
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