Rimani sempre aggiornato

Per te, ogni due settimane, una selezione dei migliori articoli del blog.

Informativa ai sensi dell'articolo 13 del D.lgs. 196/03

Seguici

Unequal States of America

La ripresa economica negli Stati Uniti è stata più rapida di quella europea (e non ancora avvenuta in Italia), con la crescita reale del prodotto interno lordo tornata in territorio positivo già durante la prima metà del 2009. Anche altri indicatori, quali il livello di produzione industriale e il numero di occupati, suggeriscono una dinamica dell’economia in ripresa, anche se non ancora ai livelli pre-crisi. Tuttavia questa ripresa non si è accompagnata ad un miglioramento del benessere della classe media.

di Alessandro Leozappa - 4 Ottobre 2013 - 5'

La ripresa economica negli Stati Uniti è stata più rapida di quella europea (e non ancora avvenuta in Italia), con la crescita reale del prodotto interno lordo tornata in territorio positivo già durante la prima metà del 2009. Anche altri indicatori, quali il livello di produzione industriale e il numero di occupati, suggeriscono una dinamica dell’economia in ripresa, anche se non ancora ai livelli pre-crisi. Tuttavia questa ripresa non si è accompagnata ad un miglioramento del benessere della classe media.

Osservando il grafico si nota che il crollo del prodotto interno lordo (in blu) del 2007 è stato anticipato da un brusco crollo del reddito mediano (in rosso), ossia quello del cittadino che si posiziona nel mezzo della distribuzione dei redditi. Non è però avvenuto il contrario: la ripresa, iniziata dal 2009, con un ritorno della crescita del PIL in campo positivo, si è accompagnata ad un costante deterioramento del reddito reale della classe media, che nel 2012 era tornato ai livelli del 1995. Che cosa è successo allora?

A fine 2012 il reddito guadagnato dal 10% più ricco degli americani è stato pari al 48% del totale. In altre parole, di tutti i redditi prodotti durante l’anno la metà è andata al 10% dei cittadini più benestanti. Concentrandoci su porzioni più ridotte della popolazione, vediamo che al top 5% dei redditi è andato il 36% del totale e all’1% più benestante il 9%. L’altro lato della medaglia ci dice che nel 2012 i redditi percepiti dal 90% dei cittadini (esclusi il top 10%) sono stati poco più della metà dei redditi totali.

Il grafico suggerisce che la dinamica di forte concentrazione dei redditi è stato un processo in costante aumento negli ultimi trent’anni. Dalla metà degli anni ottanta assistiamo, infatti, ad un sempre più accentuato aumento delle quote di reddito percepite dalle fasce più abbienti della popolazione americana. È interessante notare quanto è successo durante le crisi economiche: i redditi più alti hanno subito una contrazione relativa maggiore delle altre fasce della popolazione, in quanto maggiormente dipendenti dall’andamento del mercato azionario, per poi tornare a crescere in un arco di tempo relativamente breve.

Questa crescente disuguaglianza ha effetti economici e sociali estremamente dannosi. Come evidenzia un recente articolo pubblicato sull’Economist, l’elevato e crescente livello di sperequazione negli Stati Uniti dovrebbe preoccupare la classe politica in quanto potrebbe generare malcontento popolare e alimenta una società polarizzata attraverso le disparità di opportunità, soprattutto in termini di accesso all’istruzione. Il paese che fa del sogno americano la propria bandiera si caratterizza per una mobilità sociale intergenerazionale tra le più basse dei paesi OCSE. Questo significa che un cittadino americano nato nelle fasce più basse di reddito ha possibilità molto ridotte di migliorare la propria situazione economia nel corso della vita.

Il governo americano ha ed ha avuto importanti responsabilità nella creazione di questo fenomeno soprattutto attraverso due politiche attuate negli scorsi decenni. Da un lato è stata ridotta la pressione fiscale sui redditi più elevati, con l’aliquota marginale più elevata è passata dal 50% del 1985 al 35% del 2012, ed è rimasta bassa la tassazione sulle rendite finanziarie. Questo ha avuto un forte impatto poiché, sempre di più, la remunerazione dei top manager è stata integrata da pacchetti azionari dell’azienda (tramite le stock option).

Dall’altro lato c’è stato uno specifico indirizzo di riforme scaturito dalla commistione di interessi tra il governo e le grandi banche di Wall street. Nel 1980 iniziano, infatti, una serie di riforme volte alla deregolamentazione del settore finanziario che andranno avanti per i decenni a seguire con il supporto di governi di entrambi gli schieramenti. L’inizio delle politiche di deregolamentazione coincide esattamente con l’esplosione delle disuguaglianze negli Stati Uniti, come emerge chiaramente dal grafico. Questa relazione è tutt’altro che casuale, al punto che un recente studio fa risalire esattamente alla deregolamentazione del mercato la causa della crescente disuguaglianza.

La situazione è dunque paradossale. La grande finanza statunitense, che ha innescato la crisi economica lucrando sul credito facile, sui mutui sub-prime, sulle cartolarizzazioni, controlla oggi più ricchezza di sempre e percepisce la quasi interezza dei redditi prodotti nel paese, mentre quello della classe media americana ha fatto un salto indietro di quasi vent’anni.

Rimani sempre aggiornato

Per te, ogni due settimane, una selezione dei migliori articoli del blog.

Informativa ai sensi dell'articolo 13 del D.lgs. 196/03