La soluzione proposta dal governo per rimandare a gennaio l’aumento dell’IVA, ossia l’aumento delle accise sul carburante, rappresenta l’ultima goccia di una politica tributaria miope e irresponsabile. Ecco come, ancora una volta, lo stallo politico ci danneggia come cittadini/contribuenti e mina la ripresa del paese.
Entro martedì primo ottobre bisogna trovare una copertura finanziaria per rimandare l’aumento dell’IVA fino a gennaio. In caso contrario l’imposta aumenterebbe, dall’attuale 21%, al 22% sulla maggior parte dei beni di consumo quali abbigliamento, elettrodomestici, detersivi e automobili.
La ‘soluzione’ proposta dal governo è l’aumento delle accise sui carburanti. Questa è stata la strada facile percorsa dalla politica diverse volte, con il risultato che negli scorsi tre anni le accise sulla benzina sono lievitate del 29% e quelle sul gasolio del 46%.
Il provvedimento non sarebbe altro che il gioco delle tre carte in quanto entrambe le tasse colpiscono indistintamente tutti i cittadini e, a fine mese, non farà nessuna differenza per le tasche degli italiani l’aver pagato di più facendo la spesa o facendo benzina. Ma a guardare bene le due imposte non sono equivalenti: l’aumento delle accise è decisamente più dannoso.
Aumentare il prelievo fiscale sui carburanti impatta sui prezzi dei trasporti, il che si tradurrebbe in un aumento dei prezzi di tutti i beni trasportati, in maniera molto significativa data la predominanza del trasporto su gomma nel nostro paese. Questo significa un potenziale aumento dei prezzi di qualsiasi bene commercializzato nei nostri supermercati, anche di quelli che non sarebbero stati interessati dall’aumento dell’IVA, come i generi alimentari. Uno studio dell’ISTAT recentemente ha simulato l’impatto delle due misure dimostrando che l’inasprimento delle accise sulla benzina ha effetti più regressivi, ossia pesa maggiormente sulle fasce meno abbienti della società. Il governo ne è quindi consapevole, ma l’IVA, a differenza delle accise sul carburante, rappresenta un intoccabile presidio politico.
Il provvedimento su IVA/non IVA è solo l’ultima goccia di una gestione miope e irresponsabile della politica tributaria le cui linee guida sono state:
- Aumento della tassazione sui consumi (IVA o benzina che sia)
- Riduzione delle tasse sul patrimonio (rimozione dell’IMU sulla prima casa)
- Nessun intervento sul carico fiscale sul lavoro e sul capitale d’impresa
- Frammentazione e moltiplicazione delle imposte indirette
- Aumento delle imposte locali
Allo stato attuale il risultato è stato un aumento del carico fiscale complessivo e con una forte impostazione recessiva, il che è contrario a quanto prescritto dall’articolo 53 della Costituzione. A proposito di tasse recessive e, quindi, anticostituzionali, vi ricordate l’imposta di bollo?
Indubbiamente il governo si trova ad avere un margine di manovra pressoché inesistente, dal momento che abbiamo già sforato il tetto del 3% del rapporto deficit/PIL e potremmo quindi incorrere nelle sanzioni previste dal Patto di Stabilità e Crescita. Appare però evidente che il risultato dello stallo politico che ha caratterizzato il governo ha fatto prevalere la ricerca del consenso laddove era invece irrinunciabile portare avanti delle politiche tributarie di rottura con il passato e con un orizzonte di lungo periodo.
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