E’ bastata la semplice notizia di un’indagine della BCE sullo stato dei crediti non esigibili del sistema bancario a generare grande instabilità sui mercati e a tenere, ancora una volta, le banche (e i risparmiatori) con il fiato sospeso.
Cosa sono i crediti inesigibili? Un credito è considerato inesigibile nei casi in cui si verifichino delle condizioni precise e certe che compromettono notevolmente la sua riscossione. In Italia, secondo uno studio della Banca d’Italia i crediti inesigibili ammonterebbero a circa 200 miliardi di euro, il 17% dei prestiti bancari. Per fare un confronto, in Europa tale percentuale si attesta al 12%.
Semplice minaccia o realtà? Le prime conseguenze della notizia non si sono fatte attendere. A farne le spese, nelle ultime sedute dei principali listini europei (Italia in primis) sono stati i titoli del comparto bancario. Tra i peggiori spiccano Mps (che è stato più volte sospeso per eccesso di ribasso), Banca Carige e il gruppo delle popolari. Da sola MPS ha perso oltre il 50% da inizio anno.
Jean-Michel Six, capo economista europeo di Standard & Poor’s, analizzando le prospettive di crescita dell’economia italiana nel 2016, considera la questione dei crediti inesigibili come un possibile freno alla ripresa. Le previsioni di Standard & Poor’s, inoltre, vedono un aumento dello stock dei crediti inesigibili nella prima parte del 2016 seguito da una successiva stabilizzazione. Tuttavia, a meno di interventi esterni, una riduzione significativa resta improbabile.
Perché in Italia? Il sistema bancario ha continuato a erogare credito anche in tempi difficili. Un indice che esprime lo stato di salute delle banche è il cosiddetto Texas Ratio, che misura il rapporto percentuale tra crediti deteriorati e la somma tra patrimonio netto tangibile e accantonamenti. Insomma, fornisce una fotografia sulla reale pesantezza dei crediti deteriorati (che in futuro potrebbero dunque generare perdite) sulla banca. Valori maggiori del 100% sono considerati da allarme per la solidità bancaria. La media delle banche italiane si attesta proprio al limite del Texas Ratio (con Mps e Banco Popolare vicine al 150%) ed è pari al doppio di quella europea.
La soluzione rimane ancora in stallo. Il governo italiano invoca l’utilizzo di una “Bad Bank”, cioè di un veicolo “ad hoc” dove le banche in crisi possono parcheggiare i loro crediti inesigibili depurando l’attivo di bilancio da questa voce tossica. In seguito, in attesa di condizioni di mercato favorevoli, i titoli della Bad Bank saranno liquidati e acquistabili dallo Stato. Bruxelles fa muso duro a riguardo, perché tale ipotesi si configurerebbe come un aiuto di Stato. Infatti dal 1° gennaio 2016 con la nuova direttiva europea BRRD, di cui abbiamo scritto in questo articolo, nel caso di gravi crisi bancarie non è più concesso ricorrere ad aiuti pubblici. Quindi, se per risanare la situazione di una banca in crisi si farà ricorso al bail-in, per assorbire le perdite e ricostruire il capitale della banca dovranno intervenire nell’ordine gli azionisti, gli obbligazionisti subordinati, gli obbligazionisti senior ed infine i depositanti con oltre 100 mila euro sul conto.
A complicare maggiormente la faccenda, vi è la valutazione dei crediti inesigibili. Le banche italiane hanno valutato di poter recuperare il 40% dei crediti inesigibili, circa 80 miliardi. La Commissione Europea fa sapere che la percentuale da applicare sulla valutazione è invece del 17% e che quindi solo 34 miliardi andrebbero alle banche.
Con circa 50 miliardi di buco molti istituti, tra cui le popolari e quelli più piccoli, sarebbero costretti a ricorrere a nuovi aumenti di capitale o ad aggregarsi per poter andare avanti.
Una risposta urge nel più breve arco temporale possibile. Sotto scacco non si può rischiare di sbagliare mossa.