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La regola numero uno degli investimenti stabilisce che maggiore è il rischio maggiore sarà il potenziale rendimento. Non sempre però viene interpretata correttamente.
Si sa che i risparmiatori italiani sono tradizionalmente legati all’idea di rendimento sicuro e garantito come quello offerto (forse una volta) dai depositi bancari o dal risparmio postale. Ma da quando la BCE ha deciso di inondare i mercati di liquidità, con il famoso QE, la festa è finita.
Il prolungato periodo dei tassi di interesse a zero non solo ha abbassato i rendimenti dei prodotti di risparmio tradizionali, ma non ha avvicinato i risparmiatori a investimenti più redditizi.
Il motivo, come vedremo nel prossimo paragrafo, dipende da un’errata concezione del rapporto tra rischio e rendimento.
Secondo uno studio di ING sui risparmi e gli investimenti in una condizione di bassi tassi di interesse, gli investitori europei interpretano il rischio e i benifici dell’investimento in modo errato.
Ad un campione di circa 14,000 risparmiatori di 15 differenti paesi europei, è stato chiesto di classificare otto prodotti finanziari a seconda del rischio percepito.
I prodotti finanziari sono:
I risultati del sondaggio indicano che molti risparmiatori ritengono che investire in prodotti finanziari sia troppo rischioso. Allo stesso tempo, però, gli stessi sostengono che i benefici dall’investimento in prodotti rischiosi siano troppo bassi.
Un controsenso, stando alle teorie di portafoglio standard.
Ad esempio, l’investimento in azioni è considerato “rischioso” dal 54% degli intervistati. Il 27% però ritiene che investire in azioni possa portare ad un piccolo benessere finanziario.
Il campione reputa più rischioso investire in fondi comuni, rispetto ad un investimento in metalli preziosi (come oro e argento).
Il dato forse più preoccupante riguarda la percezione dei risparmiatori sui rischi-benefici del conto corrente. Se (correttamente) soltanto una bassa percentuale di intervistati, il 16%, ritiene poco rischioso mettere i soldi sul conto corrente; il 41% si aspetta comunque dei benefici finanziari da questa operazione.
A ribaltarsi totalmente è quindi la regola numero uno degli investimenti: maggiore il rischio, maggiore sarà il potenziale guadagno.
Dando uno sguardo ai risparmiatori italiani, le risposte confermano un’errata percezione del rischio. Il prodotto percepito come meno rischioso, addirittura meno rispetto al conto corrente (24%), sono i metalli preziosi (23%).
Simile a questa percentuale (25%) il tradizionale e immancabile investimento sul mattone.
Il 35% invece ritiene rischioso l’investimento in fondi comuni e il 37% in investimenti alternativi.
Infine, il 39% dei risparmiatori tricolore considera rischiose le obbligazioni mentre il 59% diffida dalle azioni.
Molti modelli finanziari ampiamente condivisi sono costruiti attorno alla premessa che gli investitori dovrebbero aspettarsi rendimenti più elevati se sono disposti ad accettare più rischi.
Da questo interessante report di ING, emerge chiaramente una concezione distorta nella relazione tra rischio e rendimento.
A nostro avviso, le cause dipendono da almeno due fattori.
In primis, una precaria educazione finanziaria influisce negativamente sulla percezione dei rischi tra differenti prodotti finanziari.
Ne consegue ad esempio che gli investitori reputino alcuni prodotti come poco rischiosi, quando non lo sono, e altri eccessivamente rischiosi.
Una persona con una solida cultura finanziaria direbbe infatti che i metalli preziosi, come l’oro o l’argento, sono più rischiosi delle azioni o dei fondi comuni di investimento.
Secondariamente, poiché l’avversione al rischio in certi casi è così elevata, alcuni fattori comportamentali che agiscono sulla mente dei risparmiatori devono essere tenuti seriamente in considerazione.
Alcuni studi di finanza comportamentale, Kahneman & Tversky (1979), hanno dimostrato infatti che in genere gli individui sono avversi alle perdite.
Ciò significa che il peso attribuito ad una perdita economica è maggiore rispetto ad un guadagno dello stesso ammontare.
Per questo motivo, forse, ancora oggi tantissimi piccoli risparmiatori si rifugiano sui prodotti di risparmio tradizionali, tenendosi lontani dai rischi ma rinunciando anche ai potenziali guadagni.
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