Se in Slovenia un debito pubblico del 60% del prodotto interno lordo richiede misure di emergenza per evitare un default come può l’Italia continuare a sostenere un debito come il nostro di oltre 2000 miliardi di euro, cioè del 127% del PIL? Approfittando della situazione congiunturale globale di tassi bassi, implementando tagli sostanziali alle spese e privatizzando l’Italia potrebbe finalmente uscire da questo vortice vizioso. Ma il governo non ne parla.
Si è parlato molto negli ultimi mesi della Slovenia come della prossima Cipro – l’isoletta che qualche mese fa ha gettato panico e scompiglio nei mercati globali a causa del suo sistema bancario ipertrofico – ma i fondamentali della Slovenia sembrano essere decisamente più solidi: il debito pubblico è del 60% del Prodotto Interno Lordo, il settore bancario ‘malato’ ha un peso relativamente basso (il 20% del PIL), l’ultima emissione di titoli di stato è avvenuta a tassi contenuti ed il governo ha varato un piano di tagli e privatizzazioni molto dettagliato.
In Italia, dove il debito pubblico ha ormai raggiunto il 127% del PIL (131% se si aggiungono i debiti delle Pubbliche Amministrazioni), le proposte concrete per l’abbattimento del debito non sembrano riscuotere consensi. Sempre più economisti sostengono l’utilità di un piano di privatizzazioni, cioè di vendita di immobili e partecipazioni azionarie dello Stato, che nell’arco di una legislatura potrebbe ridurre il rapporto debito pubblico/PIL sotto la soglia del 100%, soglia psicologica che permetterebbe di rilanciare la produttività e competitività del nostro bel Paese.
Per diminuire il debito pubblico si può operare in due modi:
1) Tramite avanzi di bilancio, creando cioè un differenziale positivo tra entrate ed uscite, tra tasse e spese
2) Tramite operazioni straordinarie come le patrimoniali o dismissione/valorizzazione del patrimonio pubblico
L’Italia, sebbene in recessione, rimane un paese produttivo con un forte potenziale di crescita. I conti dello Stato presentano infatti un avanzo positivo di circa il 3% del PIL ma, aggiungendo il costo degli interessi sul debito che ammontano ad 80 miliardi di euro all’anno (5,6% del PIL), il surplus si trasforma in un deficit di oltre il 2,6%. Il nostro debito non è sostenibile!
È evidente quindi che bisogna intervenire per ridurre il rapporto debito pubblico/PIL agendo sia sul numeratore che sul denominatore. Politiche di tagli alla spesa e vendita dei beni dello stato (riduzione del debito) dovrebbero coincidere con investimenti che rilancino la crescita e riducano le imposte su imprese e lavoro (facilitando la crescita del PIL).
Secondo l’analisi dell’economista Giarda sulla Spending Review, la spesa pubblica ammonta a circa € 790 miliardi, di cui il 40% è “aggredibile”, si può quindi abbastanza facilmente rivedere questi 295 miliardi per trovare una modesta frazione di risparmi. Dal lato privatizzazioni l’Istituto Bruno Leoni ha presentato un interessante studio secondo cui, tra vendite di immobili e partecipazioni societarie lo Stato potrebbe incassare €271 miliardi con cui ripianare parzialmente il debito e risparmiando svariati miliardi di euro interessi all’anno.
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Valore Atteso in Miliardi di euro |
Immobili |
“Parte Libera” |
43 |
Non Liberi |
13 |
Edilizia Residenziale Pubblica |
80 |
Società |
Quotate |
44 |
Non quotate |
91 |
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Totale |
271 |
Approfittando della congiuntura globale che vede una forte riduzione dei tassi obbligazionari e un’iniziale ripresa dei mercati anche l’Italia potrebbe puntare a rinforzare la fiducia degli investitori, così come sta facendo la Slovenia, spingendo per manovre incisive che possano rilanciare il paese. La crescita che tanto cerchiamo si può ottenere e sostenere solamente su finanze pubbliche sane che vengano promosse in un clima di trasparenza verso tutti i contribuenti.
Invece di concentrarsi su nuove tasse e imposte miopiche che assecondano gli interessi degli uni oggi e degli altri domani, il Governo si dovrebbe concentrarsi su misure che possano migliorare strutturalmente il paese nel medio e nel lungo termine.
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