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La corruzione esiste sin dalla notte dei tempi e ancora oggi è un cancro fortemente radicato in tutto il mondo. L’Italia e l’Europa non fanno eccezione.
Secondo la Banca Mondiale, la corruzione è “il più grande ostacolo per lo sviluppo economico e sociale dei nostri giorni”.
Che la corruzione produca effetti negativi per l’economia è un tema abbastanza noto a chiunque. Ma un recente studio ha dimostrato che la corruzione genera un ulteriore costo per la società: l’aumento dei rendimenti sui titoli di stato.
In poche parole, più è alta la corruzione in un paese, maggiore sarà il tasso di interesse richiesto dai creditori.
Prima di scoprire questo legame, è necessario fare un passo indietro e comprendere come si misura la corruzione.
Transparency International, società non governativa che si occupa di monitorare e studiare il fenomeno della corruzione, realizza ogni anno un indice che misura la corruzione percepita (CPI) in 180 paesi del mondo.
L’indice assume valori su una scala da 0 a 100, dove 0 indica la massima presenza di corruzione e 100 la totale assenza.
Con un indice di corruzione percepita pari a 52, l’Italia si piazza 53° a livello mondiale. Un piazzamento certamente poco confortante, visto che paesi come Namibia, Rwanda e Costa Rica mostrano livelli di corruzione più bassi dei nostri.
Il continente europeo è letteralmente spaccato in due: i paesi del Nord, tra cui gli Scandinavi, l’Olanda, il Lussemburgo, la Germania e la Svizzera, mostrano livelli di corruzione tra i più bassi al mondo; i paesi del Sud (Spagna, Malta, Italia, Grecia) e dell’Est Europa (Slovacchia, Croazia, Romania, Bulgaria) mostrano un’elevata corruzione percepita.
Non è semplice individuare in modo chiaro ed esaustivo le ragioni per cui nasce e si sviluppa il fenomeno della corruzione. Secondo Transparency International, la corruzione attecchisce laddove la forza della democrazia è minore. Nessun paese che mostra una solida democrazia registra punteggi del CPI inferiori a 50. Allo stesso modo, pochissimi paesi che hanno un assetto autocratico mostrano punteggi superiori a 50.
I dati del 2018 offrono un quadro abbastanza allarmante. Oltre 2/3 dei paesi mondiali hanno ottenuto un punteggio inferiore del CPI inferiore a 50, che testimonia la prevalenza della corruzione nel settore pubblico. Il paese più corrotto al mondo, e cioè quello che mostra il valore più basso del CPI, è la Somalia. A seguire ci sono la Siria, il Sudan del Sud e lo Yemen.
Ecco la mappa mondiale della corruzione percepita nel 2018:
Prestereste i vostri soldi ad un tizio corrotto? Alcuni di voi no, altri forse sì, ma in generale richiedereste un tasso di interesse maggiore. Ecco, più o meno le stesse ragioni valgono sul mercato dei titoli di stato.
Un recente studio condotto da un’università finlandese, ha evidenziato la presenza di un legame significativo tra corruzione e rendimenti dei titoli sovrani. Utilizzando dati sui paesi europei dal 1995 al 2006, una maggiore corruzione è legata a tassi di interesse più alti sui titoli di stato.
Supponiamo che ci siano due paesi, uno totalmente corrotto con CPI pari a 0 e l’altro pienamente onesto con CPI pari a 100.
Isolando la corruzione da altri fattori, una distanza pari a 100 nel CPI è in grado di spiegare una differenza del 3,9% tra i rendimenti dei titoli sovrani dei due paesi.
La più grande differenza nei punteggi CPI di due paesi dell’UE tra il 1995 e il 2016, è avvenuta nel 1997, quando il punteggio CPI della Lettonia era 27,0 e il punteggio CPI della Danimarca era 99,4. Questa differenza di 72,4 punti, da sola ha rappresentato una distanza di 2,82 punti percentuali nello spread tra la Lettonia e la Danimarca.
I ricercatori finlandesi hanno inoltre dimostrato che il legame tra corruzione e rendimento dei titoli di stato è ancora più forte nei periodi di crisi economica.
Questo grafico mette in relazione i valori dell’indice CPI di Transparency con il rendimento offerto dai titoli di stato sui mercati obbligazionari.
La linea di tendenza dimostra che a valori elevati del CPI (e cioè ad una bassa corruzione percepita) coincidono tassi di interesse mediamente più bassi sui titoli di stato.
Ovviamente, anche altri variabili, come il debito pubblico, il deficit, la crescita e l’inflazione influiscono significativamente sui rendimenti dei titoli di stato. Ma i risultati dello studio appena mostrato confermano che la corruzione genera un ulteriore costo per la società e, nello specifico, causa una maggiore spesa per interessi sui titoli del debito pubblico.
Si tratta di denaro e risorse pubbliche che possono essere investite altrove e rivolte al miglioramento del benessere economico e sociale dei cittadini.
Politici prendete nota.
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