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Scegliere i prodotti di investimento sembra una missione impossibile?
Risparmiamocelo ti aiuta ad orientarti nel mondo della finanza e proteggere i tuoi risparmi. Scopri le caratteristiche e i costi di fondi comuni, ETF, buoni fruttiferi e tutti gli altri investimenti.
‘’Vogliamo costruire un’economia basata sui risparmi, non sul debito”. Sarebbe bello se queste parole fossero state dette da un politico italiano, magari dal nostro primo ministro. Purtroppo però per trovare l’autore bisogna guardare aldilà della Manica, scoprendo che a pronunciare questa promessa è uno dei principali esponenti del partito conservatore britannico, storicamente associato alla classe più abbiente, il partito dei Tories. Il personaggio in questione è George Osborne, Cancelliere dello Scacchiere del governo inglese (il nostro Ministro delle Finanze) e portabandiera delle politiche di austerità condotte nel paese sotto la guida del governo Cameron.
Chi è povero? Quanti sono i poveri in Italia? C’è oggi un problema sociale legato alla povertà? Parlare di povertà è difficile, un po’ perché il tema trova di per sé uno scarso successo di pubblico, un po’ perché c’è grande confusione nelle definizioni e nei numeri, anche da parte dei mezzi di informazione.
Il 2014 è stato l’anno dei record per il risparmio gestito. In questi mesi gli italiani hanno investito in fondi comuni oltre 86 miliardi di euro. La raccolta è stata però tutt’altro che equamente distribuita tra le varie migliaia di fondi comuni disponibili ai risparmiatori italiani. I dieci fondi comuni che hanno visto gli afflussi di capitale più consistenti, spesso superiori al miliardo di euro, rappresentano circa il 16% della raccolta totale.
L’asset allocation, ossia la distribuzione di diverse attività di investimento in un portafoglio, è da molti investitori considerata una delle caratteristiche fondamentali per la riuscita o meno di una strategia di investimento. Una recente ricerca suggerisce che probabilmente questo sia vero solo in parte e che tutti stiano perdendo di vista il nocciolo della questione. I costi. Ecco come il quotidiano britannico Financial Times commenta i risultati della ricerca.
Ci sono due risposte a questa domanda. La prima, guardando ai dati pubblicati da Banca d’Italia, dice che il portafoglio dell’italiano medio è composto soprattutto da immobili e per quanto riguardano le attività finanziarie prevalgono quelle liquide e le obbligazioni. Un’altra risposta, forse più calzante, dice che l’italiano medio non esiste.
Il calo dei prezzi porta a un aumento del potere d’acquisto per i consumatori. Se questa situazione continuasse ci sarebbe però ben poco da gioire, soprattutto per paesi altamente indebitati come l’Italia. La rivista britannica The Economist fa il punto sulle cause e sui rischi della deflazione.
Lavoriamo sodo per guadagnare qualche soldo, ma non sempre abbiamo chiaro esattamente come vogliamo usare questi soldi. Che tu sia un risparmiatore o uno spendaccione, è facile diventare vittima di una routine per quanto riguarda le finanze mensili. Di seguito trovi un elenco di 13 modi per usare i soldi messi da parte. Ce n’è uno che senti più tuo?
Nel mondo che conosciamo si prestano dei soldi a qualcuno in cambio di un interesse: un po’ di denaro in più rispetto a quanto si è prestato inizialmente. Abbiamo sempre pensato che per un’azienda o per uno Stato avere un debito elevato fosse un problema perché su questo debito si pagano annualmente degli interessi. Il debito rappresenta un costo. Nel mondo a cui ci stiamo affacciando adesso, paradossalmente, il debito potrebbe diventare una risorsa.
Cedola. La parola magica che determina un clamoroso successo di raccolta per ogni fondo comune di investimento. Nell’immaginario di molti, la cedola è sinonimo di investimento sicuro perché richiama il buon vecchio titolo di Stato: lo compri, periodicamente dà una cedola certa e alla scadenza restituisce esattamente il valore nominale del titolo. C’è però un problema: i fondi non funzionano allo stesso modo. Neanche quelli a cedola.
Era una tranquilla mattina come molte nella ancor più tranquilla Svizzera, fino a quando lo scorso 15 gennaio la Banca centrale non fece una dichiarazione. Non avrebbe più difeso il tasso di cambio tra il franco e l’euro a 1,20. Si è generato un terremoto sui mercati finanziari. Il franco svizzero è schizzato al rialzo nei confronti dell’euro apprezzandosi del 30% nel giro di pochi minuti. In questo brevissimo lasso di tempo si sono create perdite immense per alcuni investitori che hanno visto azzerati i loro investimenti e si sono trovati debitori verso le piattaforme di investimento per cifre spesso fuori dalla loro portata.