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Negli ultimi tempi, non si fa altro che parlare di Piani individuali di risparmio. Si tratta di una nuova tipologia di investimento che offre l’esenzione fiscale sui redditi generati, ad oggi pari al 26%, e sull’imposta di successione, a patto di rispettare una serie di vincoli.
Tra questi, il più importante prevede la destinazione del 70% dell’investimento in titoli di aziende italiane e il 30% in piccole e medie imprese.
I PIR sono uno strumento che strizza l’occhio al Made in Italy e per il quale gli investitori italiani nutrono un particolare interesse.
Sono circa 800mila gli investitori che ne hanno sottoscritto uno nel 2017. Più di 500mila sono coloro che si trovano alla prima esperienza di investimento in fondi comuni.
A rendere noti questi numeri è l’indagine annuale sui sottoscrittori di fondi comuni italiani redatta da Assogestioni.
Nel primo anno della loro costituzione, rileva Assogestioni, i PIR hanno raccolto 11 miliardi di euro, con un patrimonio che a marzo 2018 si attesta a 17,5 miliardi di euro.
Sono numeri che superano anche le più rosee aspettative: il governo aveva stimato 120.000 sottoscrittori e 1 miliardo di raccolta nel primo anno.
È possibile investire in PIR attraverso il canale del risparmio amministrato (strada tortuosa per l’investitore medio) oppure con il gestito, sottoscrivendo fondi di investimento PIR Compliant.
Di fatto, la sottoscrizione di fondi comuni di investimento è la modalità più utilizzata (oltre il 90%) e agevole per investire in PIR.
In merito all’asset allocation va detto che il PIR vede di buon occhio la componente azionaria, essendo per sua natura un investimento orientato al lungo termine.
Infatti, oltre all’holding period minimo di cinque anni, il vantaggio fiscale aumenta nel tempo grazie alla capitalizzazione dei rendimenti. Come vedrai più avanti nell’articolo.
Pertanto, se si hanno lunghi orizzonti temporali a disposizione, un PIR azionario è certamente la scelta più opportuna. Tuttavia, è ragionevole considerare invece che esporsi eccessivamente alle azioni può essere rischioso per gli investitori che si trovano in età lavorativa avanzata.
A tal proposito, fondi flessibili e bilanciati, caratterizzati da un mix tra azioni e le obbligazioni, possono essere il giusto compromesso per investire in PIR.
In totale ci sono 68 fondi aperti PIR compliant, di cui 27 azionari, 26 bilanciati, 11 flessibili e 4 obbligazionari.
In un precedente articolo, avevamo parlato dei migliori fondi Pir azionari tenendo conto delle performance e delle spese correnti.
Vediamo adesso quali sono i migliori fondi bilanciati e flessibili per investire in piani individuali di risparmio.
A conquistare la vetta è il fondo flessibile AcomeA Patrimonio Esente, che mostra l’1,75% di rendimento da inizio anno e lo 0,9% di spese correnti annuali (ISIN: IT0005247728). Si tratta della migliore performance sia sul piano dei rendimenti YTD sia su quello delle spese correnti.
A seguire in termini di rendimenti c’è il fondo Investitori Piazza Affari (ISIN: IT0005027039), che da inizio anno rimane flat (-0,02%) ma guadagna il 4,6% a un anno, seppur con un’elevatissima volatilità (15,88%).
Male Mediolanum, ultima con il fondo Flessibile Sviluppo che perde oltre il 5% da inizio anno e che registra delle spese correnti tra le più alte della categoria (2,07%).
In generale, comunque, non è stato un inizio d’anno positivo per la gran parte dei fondi PIR. Le performance riflettono infatti il particolare momento vissuto dal mercato italiano dopo le elezioni di marzo 2018.
Come ricordato in precedenza, i PIR sono strumenti pensati per chi investe con un’ottica di lungo periodo, lontani dall’idea del mordi e fuggi sui mercati.
Per avere un’idea del potenziale beneficio fiscale conseguibile con un investimento in un fondo PIR abbiamo realizzato questa tabella riassuntiva:
Se vuoi approfondire ulteriormente il tema PIR, ti invitiamo a scaricare un manuale gratuito che ti guiderà passo dopo passo all’apertura della tua posizione.
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