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In questi giorni, il commissario UE agli Affari economici, Pierre Moscovici, l’ha sparata davvero grossa.
In un’intervista rilasciata a Reuters, il Commissario ha detto:
“L’Italia ha violato le regole di bilancio dell’Unione Europea per molti anni. Un deficit francese maggiore del 3% può essere tollerato, seppur per un periodo limitato. La situazione di bilancio tra Italia e Francia non è comparabile”.
Verifichiamo alla riprova dei fatti le parole di Moscovici.
Prima però, ricomponiamo tutti i pezzi del puzzle e facciamo un piccolo passo indietro.
Dopo l’ondata di protesta dei “Gilet gialli”, il Primo Ministro francese, Emmanuel Macron, ha promesso una serie di misure che abbasseranno le tasse e aumenteranno la spesa pubblica. Si stima che l’impatto di queste misure porterà il rapporto tra deficit e PIL della Francia al 3%, o addirittura al 3,4%, ottenendo il via libera da Moscovici.
Nelle stesse ore, l’Italia è impegnata in una trattativa ad oltranza con l’UE per abbassare il deficit dal 2,4% al 2%.
Come stabilito dalle regole d’oro del Fiscal Compact, il tetto massimo del deficit è fissato al 3% del PIL. Una regola già presente nel Trattato di Maastricht del 1993. Inoltre, per i paesi con un rapporto tra debito e PIL superiore al 60%, vi è l’obbligo di ridurre il rapporto di almeno 1/20esimo dell’eccedenza ogni anno. C’è anche il vincolo dello 0,5% di deficit “strutturale”, cioè il deficit regolato in base al ciclo economico.
Al di là dei tecnicismi, basta fermarsi alla prima regola del Fiscal Compact per vedere che la Francia non l’ha rispettata 5 volte su 7 da quando il trattato è in vigore.
Ma al peggio non c’è mai fine. Non lo ha fatto anche quando lo stesso Moscovici ricopriva la carica di Ministro delle Finanze d’oltralpe, dal 2012 al 2014.
Il grafico sotto mostra il confronto tra Italia e Francia in termini di rapporto tra deficit e PIL. A parte gli ultimi 2 anni, la Francia ha sforato per cinque anni consecutivi la soglia del 3% nel rapporto tra deficit e PIL. Un risultato ben lungi dall’essere considerato uno “sforamento temporaneo”, per dirla alla Moscovici. E quando l’attuale commissario UE per gli Affari Economici era a capo dell’Economia francese, il deficit si attestava al 4,1% e al 3,9%.
L’Italia, invece, ha sempre mantenuto un deficit al di sotto del 3% del PIL.
Il deficit, come abbiamo più volte spiegato in questo blog, si misura come la differenza tra la spesa pubblica (comprensiva degli interessi pagati sul debito) e le entrate fiscali di un paese.
Ma se dalla differenza tra spesa e tasse scorporiamo gli interessi sul debito, detto saldo primario, la situazione è ancor più grottesca.
La Francia in tutti questi anni ha sempre speso (al netto degli interessi sul debito) più di quanto ha incassato, realizzando disavanzi primari.
Al contrario, l’Italia ha sempre realizzando avanzi primari, spesso tradotti in politiche di austerità con tagli alla spesa e aumento delle tasse. Gli effetti di queste politiche sul nostro PIL sono sotto gli occhi di tutti. Tra parentesi ci preme ricordare, ma Moscovici dovrebbe saperlo, che l’Italia è l’unico paese europeo che ha sempre realizzato avanzi primari da 23 anni a questa parte.
Ci sembra di vedere che se c’è qualcuno che non ha rispettato le regole, questa non è l’Italia…
Passiamo alla questione del debito pubblico. Non è un mistero che la Francia abbia un rapporto debito pubblico su PIL più basso dell’Italia (97% vs 131%). Questo però non cambia nulla ai fini del Fiscal Compact perché entrambi i paesi sono devono convergere verso la soglia del 60%.
Pertanto, mentre l’Italia continua a compiere sforzi sul fronte del deficit, la Francia, appena uscita da una procedura di infrazione per deficit eccessivo, può sforare il limite del 3%.
Ci piacerebbe dunque comprendere da Moscovici quali sono le ragioni per cui tra Italia e Francia sussistano oggi due pesi e due misure. Forse non ci è dato saperlo o al massimo riceveremo la stessa risposta già data nel 2016 dal Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker: “Perché la Francia è la Francia”
Au revoir… et merci!
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