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Tra Italia e Francia è una storia infinita di odio-amore. Gli italiani nutrono nei confronti dei cugini d’Oltralpe un’indiscutibile rivalità, dai vini alla gastronomia, dal calcio al ciclismo, per non parlare di cinema, moda, lusso e arte.
E poi c’è lo spread, quella parolina magica che tanto fa parlare di sé in campo economico. Lo spread, come abbiamo imparato a conoscere, è il termometro che misura il rischio Paese percepito dagli investitori. Più è alto, più i mercati finanziari hanno paura che uno Stato non riuscirà a far fronte ai suoi oneri.
E allora siccome lo spread della Francia sta a 40 punti base rispetto al Bund tedesco e il nostro staziona a 250, la domanda sorge spontanea: “Perché l’erba del vicino è più verde della nostra?”
Confrontiamo Italia e Francia in base agli aspetti macroeconomici determinanti per lo spread.
Il debito pubblico italiano è più alto di quello francese (131% contro il 98,7% rispetto al Pil). Tuttavia, il debito pubblico francese è cresciuto ad un ritmo più elevato rispetto a quello italiano.
Negli ultimi 20 anni, la Francia è passata da un debito del 61,3% al 98,7%, con un incremento del 60%. Nello stesso periodo, il debito pubblico italiano è aumentato dal 110% al 131% del Pil, con un incremento del 18%.
La differenza tra le entrate (gettito fiscale) e le uscite (spesa pubblica al netto degli interessi sul debito) costituisce l’avanzo primario di uno Stato. A differenza dello stato italiano, lo stato francese spende più di quanto incassa registrando ampi disavanzi primari.
Inoltre, l’ingerenza statale nell’economia è più forte in Francia (56% di spesa pubblica sul Pil), che in Italia (48%). Vale la pena ricordare che, l’Italia è l’unico Paese Membro UE che negli ultimi venticinque anni ha sempre mantenuto un avanzo primario, eccetto la parentesi del 2009.
Se guardiamo al commercio internazionale, l’Italia presenta una condizione di salute migliore rispetto a quella francese. Negli ultimi 4 anni, le esportazioni nette italiane hanno fatto registrare un surplus commerciale record per circa 200 miliardi di euro. La Francia ha invece importato più di quanto ha esportato per circa 80 miliardi di euro. Da dieci anni, inoltre, la Francia ha sempre registrato un deficit commerciale.
Considerando anche gli scambi bilaterali tra Italia e Francia, il bilancio netto è positivo per 10 miliardi di euro. Una bella soddisfazione per il nostro Made in Italy!
Se agli aspetti appena elencati aggiungiamo anche il rischio politico, la situazione in Francia non appare per nulla tranquilla.
Con l’ondata di proteste dei “gillet gialli”, che hanno messo in ginocchio Parigi, si invoca un maggiore intervento del governo che potrebbe oltremodo gravare sul bilancio pubblico transalpino.
Ci sembra assurdo e incomprensibile accettare il fatto che lo spread della Francia debba essere più basso di quello dell’Italia. Ricordiamo che uno spread elevato comporta una maggiore spesa per interessi annuale, e cioè un maggior dispendio di risorse pubbliche che potrebbero essere impiegate in beni e servizi utili per la collettività o per ridurre la pressione fiscale. E di questi tempi in Italia ne avremmo francamente di bisogno.
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