Il PIL misura tutto, tranne ciò per cui vale la pena vivere. Così disse Robert Kennedy, fratello del Presidente degli Stati Uniti in un famoso discorso nel 1968.
Ciononostante l’indicatore di benessere per eccellenza ha continuato a vivere e prosperare nei decenni successivi, tanto che ancora oggi il Prodotto Interno Lordo indirizza le politiche economiche e sociali del governo, muove i mercati finanziari e influenza le pensioni. I limiti del PIL sono sotto gli occhi di tutti ma è difficile sostenere che l’indicatore sia da buttare via. Molte delle misure alternative al PIL che sono state proposte negli anni si sono rivelate strettamente correlate con il prodotto interno lordo, che presenta il vantaggio di essere semplice, sintetico e facilmente comparabile a livello internazionale.
Per andare a colmare però le lacune del PIL come unica misura di benessere in diversi si sono mossi per includere misure che abbracciassero diversi aspetti della vita degli individui, che sfuggono alle maglie larghe del PIL. La crisi ha fortemente impattato sulla crescita del PIL italiano. Vediamo però l’impatto che ha avuto sulle 12 misure che ISTAT e il Consiglio Nazionale Economia e Lavoro (CNEL) prendono in considerazione per calcolare l’indicatore di Benessere Equo e Sostenibile.
(clicca sui grafici per ingrandire)
1. Salute
2. Istruzione e formazione
3. Lavoro e conciliazione tempi di vita
4. Benessere economico
5. Relazioni sociali
6. Politica e istituzioni
7. Sicurezza
8. Benessere soggettivo
9. Paesaggio e patrimonio culturale
10. Ambiente
11. Ricerca e innovazione
12. Qualità dei servizi
Questo è quanto è avvenuto durante gli anni a cavallo della crisi per una serie di dimensioni rilevanti per la nostra vita che il PIL non racconta. Ma come è evoluto il benessere degli italiani negli ultimi 150 anni? E come stiamo oggi? AcomeA lo ha chiesto all’economista Giovanni Vecchi e alla travolgente Geppi Cucciari. Guarda un estratto dei contenuti e registrati gratis al sito per vedere i video integrali degli interventi.