Aggirandosi per il web è facile imbattersi in annunci che invitano a fare trading con le materie prime, ad acquistare oro e argento o a vendere e comprare contratti sul prezzo del grano e del caffè. Di cosa si tratta? È una buona idea? Quali sono i potenziali benefici? Che accorgimenti bisogna avere? Vediamo di fare un po’ di chiarezza sul tema.
Con l’eccezione dell’oro e di qualche altro metallo prezioso, storicamente gli strumenti finanziari aventi ad oggetto le materie prime erano riservati ai grandi investitori o a imprese la cui attività economica era legata all’andamento del prezzo di una certa materia prima (il costo del carburante, il prezzo del caffè…).
Le materie prime (commodities, in inglese), erano originariamente negoziate solo fisicamente (in lingotti d’oro, barili di petrolio o container di grano) o per mezzo di contratti futures, ossia una promessa di uno scambio commerciale ad una scadenza prestabilita. Tali contratti si caratterizzano però per un’elevata complessità e soprattutto per importi minimi al di fuori della portata di un risparmiatore.
In anni relativamente recenti si sono diffusi invece strumenti come gli Exchange Traded Commodities (ETC), titoli simili agli ETF, ma aventi come sottostante il prezzo di una materia prima. Gli ETC hanno il vantaggio di essere scambiati in Borsa, come qualsiasi azione o obbligazione, e di essere accessibili con importi molto bassi. Il risultato di questa innovazione è stato inevitabilmente quello di rendere l’investimento in commodities accessibile a qualsiasi risparmiatore. Ma, il fatto che si possa farlo, significa anche che sia una buona idea?
Nel linguaggio del marketing di chi propone investimenti in materie prime, le parole d’ordine sono rendimento, diversificazione, decorrelazione. Una delle caratteristiche di questi strumenti è infatti quella che il loro andamento non è strettamente dipendente da quello dei mercati azionari e obbligazionari. Ciò permette quindi di ridurre il rischio complessivo di un portafoglio, inserendo con attenzione qualche commodity. L’andamento dei prezzi delle materie prime è poi caratterizzato da elevata volatilità. Questo significa che in un periodo relativamente breve si può avere la possibilità di realizzare un rendimento interessante (come una perdita rilevante). Questi fattori possono effettivamente rendere l’investimento in commodities una scelta giustificabile. È fondamentale però avere in mente alcuni importanti accorgimenti.
- Capire ciò che si compra. Dietro all’andamento del prezzo di una commodity ci sono dei complessi meccanismi di domanda e offerta. Quali settori utilizzano una certa materia prima? Quali paesi ne sono i principali produttori? Chi sono gli operatori che influenzano maggiormente il prezzo? Acquistare un ETC limitandosi a vederlo semplicemente come un indice che sale e scende e potrebbe far guadagnare dei soldi equivale a giocare d’azzardo. Tanto vale andare al casinò.
- Evitare di concentrare il rischio, perché come visto le commodities hanno un andamento potenzialmente molto volatile.
- A differenza di azioni e obbligazioni, che generano rispettivamente dividendi e cedole, l’unico provento che le materie prime possono generare è legato al potenziale guadagno derivante dalla vendita.
In conclusione, gli strumenti finanziari legati alle materie prime non sono utili o dannosi in sé. Sicuramente, l’investimento in commodities è giustificabile solo in un’ottica complessiva di portafoglio. Non è però chiaro tuttavia se i benefici dell’inserimento diretto di commodities in portafoglio per un risparmiatore privato siano maggiori dei rischi (derivanti in primis dal non capire il mercato sottostante allo strumento). Per investire in titoli legati alle materie prime è consigliabile affidarsi a strumenti, come i fondi flessibili che includono questa asset class, gestiti da professionisti e con un occhio attento dalla diversificazione. Sicuramente conviene evitare di cadere nella trappola di chi propone di guadagnare in poco tempo, vendendo e comprando strumenti che non si capiscono.