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Il denaro e la storia di un’invenzione sempre meno efficiente

Dalle tavolette di argilla, comparse cinquemila anni fa in Mesopotamia per annotare gli scambi, alle nuove forme di moneta elettronica: il denaro accompagna e governa la vita della collettività. Ma i grandi scandali hanno anche fatto dubitare della sua solidità. Quale deve essere allora il ruolo del denaro?

di Redazione - 28 Settembre 2016 - 6'

Prendiamo spunto dalla bella serata organizzata da AcomeA il 5 ottobre al Teatro Franco Parenti, dedicata alla storia del denaro per svolgere solo alcune riflessioni a margine perché il testo dello spettacolo con Massimo Popolizio, è esaustivo e ben fatto. Venite a vederlo.

Il denaro è variamente definito nei secoli e nei millenni, «sterco del Demonio» (San Basilio), «il bene superfluo più utile» (Roberto Gervaso), «la radice di tutto il male di oggi» (Pink Floyd), «i nervi dello stato» (Poggio Bracciolini) e così via elencando. Certo è che se è vero che non si sa bene se sia nato prima l’uovo o la gallina, non così è per il denaro, che si sa benissimo essere un’umana invenzione. Il denaro, la moneta, è venuto dopo il bipede che si vorrebbe più intelligente della terra, e verosimilmente, se tale bipede ha deciso di crearlo, ci dev’essere stata una ben precisa e ragionevole motivazione. Secondo molti economisti, la moneta è nata per consentire lo scambio senza il baratto. Non sempre il venditore necessita di quanto ha da offrirgli il compratore, e dunque è necessario che gli resti in mano la testimonianza del credito derivante dalla merce ceduta: questa testimonianza è la moneta. La moneta metallica, come noi la intendiamo, fu inventata in una cittadina dell’Asia Minore, ad Efeso, già nel VII sec. a. C, sotto il regno dei Lidi. Era d’argento e recava sul dritto un’ape e sul retro un quadrato incuso, vale a dire scavato nel metallo.

In realtà l’utilizzo della moneta come mezzo di trasferiemento di valore viene prima della nascita dell’economia di mercato. La moneta nelle società primitive era un mezzo di pagamento usato per motivi diversi: essere accettati in gruppi di culto, nei riti di iniziazione, nei matrimoni e come strumento per risolvere conflitti sociali. Si trattava di conchiglie, blocchi di sale, tessuti, chicchi di cacao, pietre forate. Solo successivametne si passò da ciò che il prof. Andrea Terzi, uno degli ospiti principali durante la serata, nel suo libro, La moneta, chiama “monete cerimoniali” alla moneta che conosciamo noi e usiamo per gli scambi e il commercio.

Il nome con cui oggi chiamiamo questo oggetto di scambio, “moneta”, deriva invece da una storia affascinante, quella delle oche del Campidoglio salvatrici di Roma con il loro starnazzare. E dal momento che sulla cittadella del Campidoglio c’era un tempio di Giunone, la dea acquisì l’appellativo di “moneta”, dal verbo latino “monere”, che sta per “avvisare”, “avvertire”. Prima della moneta di metallo coniate, vale a dire con delle immagini impresse su entrambe le facce, furono usati dei semplici lingotti, della polvere, degli anelli (gli ebraici kikkar), i pani di rame egeo cretesi, dapprima rettangolari e poi simili ad una doppia ascia. Si impiegarono anche due diversi metalli (bimetallismo) ma questo si rivelò un esperimento non molto felice perché le monete di metallo più prezioso finirono con l’essere tesaurizzate e smisero di circolare. Si giunse poi alla moneta cartacea, per la prima volta in Cina, terra famosa per le precoci ed importantissime invenzioni umane, si pensi soltanto alla polvere da sparo. Ma perchè si passò dal metallo alla carta? Questo perché l’offerta di beni in un’economia in sviluppo è illimitatamente crescente mentre la quantità di metallo disponibile è limitata, e fu solo secoli dopo, verso il XVIII, che anche le banche centrali europee iniziarono ad emettere moneta cartacea, ossia titoli di credito rapportati a depositi aurei custoditi nei forzieri delle banche stesse. La procedura diventa sistema globale nel 1867, e questo sistema è per l’appunto definito “aureo”.

Però l’economia mondiale non smette di crescere ed ecco che si inizia ad ammettere che le banconote circolanti non corrispondano più alla parità aurea ma a suoi multipli. I paesi regolano i saldi delle bilance commerciali proprio con l’oro, ma se un paese è frequentemente in deficit come farà una volta esaurite le scorte auree? La crisi del ’29 determina l’impossibilità di fatto di mantenere l’oro come riferimento del sistema monetario internazionale: al suo posto viene prescelto il dollaro, la moneta del Paese economicamente più forte, gli Stati Uniti. A sancire l’avvenuto cambiamento è la Conferenza di Bretton Woods, nel 1944. Ma durante gli anni Settanta l’economia statunitense ha uno stallo e dunque cessa anche la convertibilità del dollaro in oro e si genera l’attuale sistema dei cambi flessibili: cessano i flussi di oro tra nazioni sostituiti dalla svalutazione delle monete. Le autorità monetarie possono immettere sul mercato moneta illimitatamente – è quanto sta avvenendo con le iniezioni di liquidità sia a livello europeo che americano. Siamo però oggi giunti a un limite che impone una seria riflessione: se la moneta circolante è sganciata da qualsivoglia riferimento a qualcosa dal valore stabile (non è più l’oro, l’abbiamo visto, non è più l’economia, che non trasmette più la propria forza alla moneta bensì la riceve) come possiamo noi tutti mantenere la fiducia sul fatto che quella che abbiamo in mano non sia carta straccia? Quale deve essere allora il ruolo del denaro? In che modo ritrova oggi il suo senso di bene prima di tutto pubblico?

Questi sono stati alcuni dei temi della serata trattati al Teatro Franco Parenti. Se volete rivedere in parte o integralmente ( previa registrazione alla pagina MyAcomeA) i contenuti della serata del 5 ottobre o di altri episodi de La verità vi prego sul denaro potete farlo qui.

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