“Si ha per quel che si paga”, è una frase che abbiamo sentito dire tante volte, dal carrello del supermercato alla tecnologia passando per i ristoranti, le automobili e gli hotel.
Ma il costo di un fondo comune di investimento rispecchia le sue qualità?
I desideri dell’investitore viaggiano tipicamente tra due estremi opposti: da un lato il rendimento, dall’altro la conservazione del capitale.
Chi ha poca dimestichezza con la finanza penserebbe che i prodotti in grado di soddisfare al meglio i desideri dell’investitore siano esattamente quelli più cari sul mercato.
Eppure, questa elementare analogia non trova conferma nel mondo dei prodotti finanziari, e in particolare nei fondi comuni di investimento.
Più pago più ottengo, vale anche per i fondi comuni?
Come sostiene il famoso investitore e magnate americano John Bogle, “Nel mercato dei fondi comuni di investimento, i costi assumono un’importanza straordinaria per l’investitore a lungo termine: a parità di condizioni, i costi più alti significano rendimenti più bassi”.
Per testare questa regola, abbiamo scelto di analizzare la categoria Morningstar dei fondi “azionari Globali Value” mettendo a confronto i costi con i rendimenti.
I criteri per la selezione dei fondi si sono basati sulle spese correnti (un indicatore riepilogativo dei costi annuali) e sui rendimenti a 5 anni. In totale i fondi analizzati sono stati 71.
Come si vede dal grafico in basso, al crescere delle spese correnti tende a diminuire il rendimento annualizzato del fondo negli ultimi 5 anni.
Il 90% dei fondi con spese correnti molto elevate (maggiori del 2,5%), non è riuscito ad avere rendimenti sopra la media del panel (11%).
Il 100% dei fondi con spese correnti molto basse (inferiori all’1%), ha mostrato rendimenti maggiori della media.
Il rendimento medio dei fondi low-cost (spese infieriori all’1%) è stato del 12,53%, mentre quello dei fondi più cari è stato il 9,68%.
Ogni anno, quindi, i fondi meno cari sono stati in grado di realizzare un rendimento medio di circa il 3% maggiore dei fondi più costosi.
Come detto precedentemente, il rendimento del capitale non è l’unico obiettivo per l’investitore.
Portafogli a bassa volatilità possono essere la soluzione adatta per chi ha l’esigenza di conservare il capitale nel tempo. L’investitore alle prime armi potrebbe pensare quindi che i fondi più cari siano quelli in grado di tenere a bada meglio la volatilità.
Ma ancora una volta, farebbe un errore.
Per dimostrarlo, analizziamo un panel di 211 fondi appartenenti alle categorie Morningstar degli “Obbligazionari Diversificati Breve Termine Eur” e dei “Bilanciati Prudenti EUR” per scoprire se ad un elevato costo del fondo corrisponde anche una maggiore capacità di contenere la volatilità.
Il grafico in basso dimostra esattamente l’opposto poichè i fondi che costano di meno sono quelli associati ad una volatilità media più bassa.
I 26 fondi meno costosi (con spese correnti minori dello 0,5%), mostrano una volatilità media dello 0,76%. Al contrario, i 17 fondi più costosi (con spese correnti maggiori del 2%), mostrano una volatilità media del 4,95%.
Ma allora come scegliere un fondo comune di investimento?
Come abbiamo visto, i costi rappresentano una caratteristica determinante per la scelta di un fondo comune. A parità di altre condizioni, costi più elevati mangiano i rendimenti nei portafogli azionari e sono associati ad una maggiore volatilità nei portafogli prudenti.
Pertanto, il miglior consiglio da dare ad un investitore è quello di mantenersi alla larga da un fondo costoso.
Tuttavia, fare una distinzione tra “buoni” e “cattivi” a bocce ferme non è semplice e richiede analisi complesse al di fuori dalla portata del risparmiatore comune.
Un modo semplice ed efficace per scegliere un ottimo fondo di investimento esiste e si chiama Angel Costi.
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