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Il bail in sarà d’aiuto al sistema bancario italiano?

Cosa si intende per bail in all'interno della normativa europea e che cosa vuole l'Italia per il suo salvataggio bancario.

di Elisabetta Villa - 8 Luglio 2016 - 6'

In questo periodo il settore bancario italiano è in crisi: dai massimi relativi del 2015 siamo ora giunti ai minimi del luglio 2012. Perché? Per due principali ragioni: sofferenze e bassa redditività. È un problema solamente italiano? No, ma certamente l’attenzione sul nostro Paese è maggiore per via di un debito pubblico gigantesco che non ha mai smesso di crescere. La Brexit non ha fatto altro che accelerare la crisi a causa del timore che l’indebolimento dell’Europa comporti una minor efficacia nella gestione del sistema bancario continentale.

Che cosa prevede la normativa europea

È trascorso giusto un anno da quando la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato la legge di delegazione europea 2014 che reca i criteri di delega per la trasposizione di numerose e rilevanti normative europee nell’ordinamento nazionale. Si annovera tra queste la direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, la cosiddetta BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive).

La direttiva BRRD definisce un regime armonizzato per la gestione delle crisi bancarie che comprende: a) misure preventive e di intervento precoce per affrontare con successo casi di banche in difficoltà; b) misure preparatorie che gestiscano rapidamente una crisi finanziaria con i minimi rischi per la stabilità del paese; c) strumenti di risoluzione comuni a tutti i Paesi membri per risolvere efficacemente le crisi per evitare un impatto sull’intero settore; d) istituzione del Fondo nazionale di risoluzione.

La finalità della direttiva è evitare liquidazioni gestite frettolosamente e senza un procedere ordinato. La direttiva fornisce a Banca di Italia (autorità di risoluzione) gli strumenti che consentono un intervento precoce ed efficace, riducendo al minimo l’impatto del dissesto sull’economia e sul sistema finanziario.

Prima di passare ad esaminare in dettaglio le norme della nuova direttiva, tracciamo un rapido quadro della situazione attuale, evidenziando le novità introdotte dalla direttiva europea.

La legislazione attuale prevede l’unica procedura concorsuale dalla liquidazione coatta amministrativa. La procedura è volta alla liquidazione della banca in crisi che comporta l’azzeramento del capitale (e dunque la perdita di valore per gli azionisti) e la cessione del patrimonio residuo per il rimborso dei creditori, il cui grado di soddisfazione (cioè l’ammontare di capitale che gli verrà restituito) dipenderà dalla realizzazione dell’attivo. Quindi se il patrimonio residuo non è sufficiente a soddisfare tutti i creditori, allora questi ultimi perderanno integralmente il loro credito. Sono esclusi i titolari di conto corrente che sono rimborsati dai sistemi di garanzia dei depositi fino a 100.000 euro. Inoltre la legislazione corrente prevede anche che in alcuni casi lo Stato in cui risiede la banca in crisi possa decidere di salvare la banca stessa a carico dei contribuenti, ossia utilizzando soldi pubblici. È quest’ultimo aspetto quello più inviso all’Unione Europea, perché potenzialmente pericoloso per le finanze statali e dunque opposto a quel risanamento dei conti pubblici perseguito dalla nuova normativa europea.

La normativa europea introduce una procedura di risoluzione diversa dalla liquidazione coatta amministrativa. Questa procedura è il cosiddetto bail in che consente a Banca d’Italia di svalutare alcune categorie di crediti vantate da terzi nei confronti della banca e di convertire quei crediti in azioni al fine di consentire una ricapitalizzazione.

Anzitutto sottolineiamo che in caso di fallimento della banca il bail in non peggiora in alcun modo le perdite cui i creditori sarebbero andati incontro con la liquidazione coatta.

Dal bail in sono escluse alcune passività: i depositi fino a 100.000 euro di cui già abbiamo parlato; covered bonds ed altri strumenti garantiti; passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela (ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza); passività interbancarie con durata originaria inferiore a 7 giorni; passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con durata residua inferiore a 7 giorni; debiti verso i dipendenti, debiti commerciali e fiscali, purché privilegiati dalla normativa fallimentare. La logica del bail in è in sostanza quella di far sostenere le eventuali perdite in prima istanza a chi ha acquisito strumenti finanziari più rischiosi e poi via via agli altri creditori detentori di strumenti finanziari a minor rischio.

Cosa vorrebbe l’Italia

Il comparto bancario europeo ha perso quest’anno il 30% e nello specifico quello italiano il 50%. Questa situazione ha spinto a fine giugno il governo italiano a incontrarsi con Banca d’Italia per mettere a punto un piano d’intervento governativo. Lo scopo è di ricapitalizzare i nostri istituti fino a 40 miliardi di euro e sostenere la cessione delle sofferenze tramite l’aiuto di una garanzia pubblica ai prezzi di mercato.

Quaranta miliardi è la cifra corrispondente alla differenza tra il valore delle sofferenze iscritte a bilancio delle banche italiane (circa 84 miliardi) e quella a cui il mercato sarebbe pronto a comprarle (circa 45 miliardi): è una cifra importante, corrispondente al 2,5% del PIL.

Tuttavia, se il governo dovesse intervenire per un tale importo si andrebbe incontro a due problemi: verrebbe sforato il tetto del deficit e verrebbe violato il divieto di aiuti di Stato, entrambi imposti dalla UE.

Ecco da dove nasce il contenzioso più o meno velato che vede contrapposte nelle ultime settimane da un lato l’Italia e dall’altro la Germania e l’Unione Europea. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeoren Djisselbloem, ha recentemente richiamato le banche italiane al rispetto delle nuove regole europee sui salvataggi. Regole che, come abbiamo detto prima, prevedono il coinvolgimento degli azionisti e degli obbligazionisti delle banche in sofferenza per tutelare i contribuenti.

Tuttavia la gravità della situazione del sistema bancario italiano è tale che anche da Bruxelles si sentono voci maggiormente disposte a consentire al governo italiano una certa flessibilità di manovra. Anche Bini Smaghi, ex consigliere della BCE, ha sostenuto che questo è un momento di eccezionale gravità e che per tal ragione andrebbero riviste le regole che impediscono agli stati di intervenire e salvare gli istituti di credito.

In italia il bail in è applicabile dal gennaio di quest’anno. Ecco allora che anche per il caso MPS, è in corso una trattativa tra Roma e Bruxelles proprio sulla gestione della crisi attraverso il bail in. Inoltre il neo commissario ai servizi finanziari Valdis Dombrovskis ha spiegato che se gli stress test di un istituto sono negativi (è il caso di MPS) ma la banca è solvente si può comunque intervenire in via preventiva.

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