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Le obbligazioni incarnano l’idea di investimento sicuro e sufficientemente redditizio. Ma da alcuni anni a questa parte i risparmiatori italiani investono sempre meno in obbligazioni. A rivelarlo è proprio l’Indagine 2018 sul Risparmio e sulle scelte delle famiglie italiane condotta dal Centro Studi Einaudi in collaborazione con Banca Intesa.
Secondo i dati dell’indagine, l’appeal verso prodotti obbligazionari non è mai stato così basso come nel 2018. Sono circa 2 su 3, gli intervistati che non hanno né comprato né venduto obbligazioni negli ultimi 12 mesi. Oggi, solo il 23,8% impiega più del 30 per cento della ricchezza finanziaria lorda in bond. E pensare che prima del 2015, questo dato era pari al 36,1%.
Ma perché gli italiani scappano dai bond? L’inizio dell’esodo dalle obbligazioni coincide con l’avvio del programma di espansione monetaria della Bce noto con il termine QE. Con l’acquisto forzato dei titoli di stato dell’area euro da parte della Bce, i rendimenti si sono praticamente azzerati.
In alcuni casi, parliamo delle obbligazioni dei paesi del nord Europa, i tassi di interesse possono essere addirittura negativi.
Prendiamo ad esempio la Germania, i cui rendimenti dei titoli di stato sono oggi negativi fino ad una scadenza di sette anni. Un po’ diverso è il caso dell’Italia, dove i rendimenti sono recentemente cresciuti a causa dei timori politici.
Il motivo principale per cui i risparmiatori italiani mostrano un debole per le obbligazioni dipende dalla possibilità di riscuotere cedole periodiche dall’investimento.
Possibilità che, a causa dei bassi tassi di interesse, oggi sembra essere preclusa. Al secondo posto c’è la garanzia di ricevere l’intero capitale a scadenza, seguita dalla capacità di impiegare senza pensieri i propri soldi. Le obbligazioni sono inoltre apprezzate dai risparmiatori anche perché il loro valore è stabile e non oscilla come quello delle azioni.
Le obbligazioni sono considerate uno degli investimenti più sicuri. Le possibilità di fallimento di un emittente, specie se si tratta di un paese, sono infatti abbastanza remote, anche se non nulle.
In passato, ci sono stati casi di paesi e banche che hanno dichiarato il default, provocando perdite ingenti per gli obbligazionisti risparmiatori. Ne sono un esempio i bond argentini (Tango Bond) del 2001, e le obbligazioni subordinate delle banche italiane (Etruria, Marche, Chieti e Ferrara) fallite nel 2015.
Oggi l’investimento diretto in obbligazioni, come visto abbiamo prima, non offre più i rendimenti soddisfacenti di un tempo. Per questo motivo moltissima risparmiatori stanno percorrendo la via del risparmio gestito.
Nel 2018, come rileva l’Indagine sul Risparmio, il 15% degli intervistati ha dichiarato di investire una quota tra il 50 ed il 99% di patrimonio in strumenti di risparmio gestito. Un valore mai così alto come oggi.
I risparmiatori affezionati alle obbligazioni, possono oggi trovare opportunità interessanti nei fondi comuni obbligazionari.
Si tratta di grandi contenitori che investono in un ampio ventaglio di obbligazioni, diversificano il rischio e possono offrire rendimenti potenzialmente più alti dei tradizionali parcheggi della liquidità.
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