Nonostante il Carnevale sia passato da qualche settimana, si continuano a vedere in giro delle maschere che rischiano di generare confusione e prendersi ulteriormente gioco dei piccoli investitori.
L’attuale contesto, caratterizzato da bassi rendimenti, elevata volatilità sui mercati e incertezza legata ai rischi geopolitici, è terreno fertile per creare prodotti che possono trarre in inganno gli investitori.
Di recente, l’ Authority europea ESMA (European Securities and Market authority), che ha il compito di sorvegliare sulla stabilità del sistema finanziario europeo e salvaguardare gli interessi degli investitori, ha richiamato l’attenzione su un fenomeno praticato da alcuni fondi comuni d’investimento europei che sono stati smascherati come “falsi attivi” il cosiddetto closet indexing o index hugging.
Con questi termini si indica una strategia d’investimento tramite la quale il portafoglio di un fondo comune, nonostante dichiari di essere “attivo”, viene nella pratica gestito replicando (copiando) la composizione di un indice di mercato (Ftse Mib, Dax, S&P 500, etc..).
Così facendo, il rendimento del fondo “falso attivo” sarà passivamente legato a quello del parametro oggettivo di riferimento (benchmark).
Al contrario, un fondo attivo si dovrebbe contraddistingue per una gestione costantemente orientata a “battere il benchmark”: i gestori vengono infatti remunerati proprio perché il loro compito è cercare opportunità in grado di creare valore aggiunto rispetto al mercato.
E’ possibile calcolare l’active share di un fondo ossia la percentuale di posizioni in un portafoglio che sono diverse dall’indice di riferimento.
Secondo alcuni studi condotti da Cremers e Petajisto, i gestori con un active share elevato hanno più possibilità di sovraperformare il benchmark.
Sul mercato il costo dei prodotti a gestione passiva o “indicizzati” è ovviamente più basso di quelli a gestione attiva, i primi infatti spesso vengono gestitti con meccanismi automatici che non richiedono un costante monitoraggio umano e che dunque sono meno costotsi per la casa prodotto.
Il closet indexing può dunque costare caro agli investitori: da un lato subiscono il danno di non avere il servizio atteso in termini di rischio/rendimento, dall’altro la beffa di pagare le stesse commissioni di una gestione attiva quando in realtà si riceve il contrario.
Immaginate per un attimo di trovarvi in un ristorante molto rinomato e costoso e ordinare un piatto a base di pesce dal menù.
Conoscete il prezzo del piatto, ma potrete giudicare la sua effettiva qualità soltanto dopo averlo mangiato. Tuttavia, avete la legittima pretesa per un servizio consono alle vostre richieste e soprattutto al prezzo richiesto.
Come reagireste se dopo accurati controlli in quel ristorante si trovasse soltanto pesce surgelato e nessun cuoco ma solo un semplice forno a microonde?
I risultati dello studio svolto dall’ESMA.
L’ESMA ha passato in rassegna le performance di circa 2.600 fondi d’investimento europei durante il biennio 2012-2014, con lo scopo di smascherare i falsi attivi.
Secondo l’Authority, un active share al di sotto del 60%, bassi errori di allineamento ed elevato rapporto di correlazione con l’indice, rappresentano i parametri che inidicano una gestione passiva.
Sulla base di ciò, ESMA ha constatato che parecchi dei fondi d’investimento europei monitorati possono essere classificati come “closet indexing”.
Le raccomandazioni per gli investitori sono quelle di leggere attentamente il KIID cioè il documento contenente le informazioni chiave riferito al prodotto d’investimento.
Infine, l’ESMA ha ribadito che in futuro saranno necessarie ulteriori iniziative in stretta cooperazione con le autorità nazionali di regolamentazione per contrastare il closet indexing.
Se anche tu vuoi conoscere come un gestore si comporta in termini di gestione attiva e costi di gestione, puoi utilizzare la web app Angel Costi