Sono strumenti di investimento accessibili a partire da piccoli importi. Consentono di ridurre i rischi acquistando un portafoglio diversificato. Sia gli ETF sia i fondi comuni hanno queste caratteristiche. Vediamo in cosa si differenziano e soprattutto perché i due strumenti considerati rivali non lo sono poi così tanto.
Se la raccolta dei fondi comuni di investimento ha continuato a crescere in questi mesi, anche il patrimonio investito in ETF è in costante aumento: il settore ha visto in Italia una crescita della masse investite che l’ha portato a fine dicembre vicino a quota 25 miliardi di euro di patrimonio investito, con una crescita di quasi il 40% rispetto all’anno precedente. È opinione diffusa che le due classi di strumenti siano acerrimi nemici e le opinioni degli osservatori del settore del risparmio si dividono nel parteggiare per gli uni o per gli altri. Capiamo dunque che cosa sono gli ETF e quale importante contributo danno allo sviluppo del settore dei fondi comuni di investimento.
Gli ETF (Exchange Traded Funds) sono degli strumenti finanziari che replicano passivamente un indice di mercato. Potranno quindi riprodurre l’andamento della borsa di Milano, di un insieme di indici azionari globali, o delle obbligazioni governative europee, solo per fare qualche esempio. Il fatto di essere delle repliche passive di un indice, e quindi relativamente semplici da costruire e gestire, è la causa principale del loro primo punto di forza: costano poco. Le commissioni di gestione, tipiche di qualsiasi fondo, sono infatti molto contenute per gli ETF proprio in virtù della loro gestione passiva. Acquistando un ETF il risparmiatore si espone all’andamento di un determinato mercato nel suo complesso1 ed è quindi dipendente dalle oscillazioni di quel mercato. I fondi comuni invece applicano diversi tipi di commissioni, di gestione e di performance, giustificate proprio dalla gestione attiva, l’obiettivo cioè di battere l’indice del mercato di riferimento e non di replicarlo. Il lavoro di un gestore consiste nell’applicare un metodo di investimento allo scopo di creare valore per il cliente. Questa attività si concretizza quindi nell’individuare, all’interno del mercato di riferimento, quei titoli in cui c’è valore ed evitare invece di assumere rischio dove non ritiene che ci siano valutazioni interessanti, nonché nello sfruttare le fluttuazioni del mercato a vantaggio del rendimento del fondo.
Un’altra differenza sostanziale tra ETF e fondi è il fatto che i primi siano negoziati e acquistabili direttamente in borsa, senza dipendere dalla rete di distribuzione. Evitando i costi relativi alla distribuzione e rinunciando al servizio di consulenza, l’investitore riesce a contenere ulteriormente i costi. Tuttavia, con la vicina negoziazione in borsa dei fondi comuni di investimento questa distanza dovrebbe ridursi in quanto saranno disponibili direttamente sul mercato fondi in modalità execution-only (ossia scorporati del servizio, e relativi costi, di consulenza). Si renderanno in questo modo accessibili ai risparmiatori fondi di investimento a costi ridotti e con un’offerta più ampia, non limitata dagli accordi di collocamento di banche e promotori.
La diffusione degli ETF costituisce sicuramente una sfida ma non una minaccia per chi produce fondi comuni. Gli ETF hanno, infatti, il grande merito di fare chiarezza sui servizi per i quali si paga. Acquistando un fondo comune di investimento un investitore paga la SGR per la gestione attiva. Se questa si limita invece semplicemente a replicare un benchmark, o mostra performance sistematicamente inferiori al benchmark, allora tanto vale acquistare un ETF. Il fatto che questi strumenti rappresentano un’alternativa sempre accessibile ai risparmiatori diventa oggi un incentivo per le SGR a offrire un servizio di qualità ai propri clienti. Si innesta così un meccanismo virtuoso che premia la gestione di qualità mentre penalizza i falsi gestori attivi e i prodotti scadenti.
1Nota tecnica: non è del tutto esatto dire che investendo su un ETF il risparmiatore si espone generalmente ad un mercato, indipendentemente dai singoli titoli. Gli ETF replicano indici che sono costituiti dai titoli principali di un determinato mercato e sono spesso ponderati in base alla capitalizzazione. Per questo, tra le società dell’indice ci si troverà sempre più esposti sui titoli i cui prezzi sono saliti maggiormente, in quanto via via più pesanti nell’indice. La gestione passiva porterà quindi implicitamente a comperare titoli che sono saliti di più, e quindi più cari, e vendere quelli che scendono e sono forse a buon mercato.