Nel mondo che conosciamo si prestano dei soldi a qualcuno in cambio di un interesse: un po’ di denaro in più rispetto a quanto si è prestato inizialmente. Abbiamo sempre pensato che per un’azienda o per uno Stato avere un debito elevato fosse un problema perché su questo debito si pagano annualmente degli interessi. Il debito rappresenta un costo. Nel mondo a cui ci stiamo affacciando adesso, paradossalmente, il debito potrebbe diventare una risorsa.
Negli ultimi anni, le vicende europee hanno portato molti a investire in titoli di Stato dei paesi dell’area euro considerati più sicuri. A questa situazione si è aggiunta la svolta di politica monetaria della Banca centrale europea dello scorso gennaio che ha portato gli investitori ad aspettarsi ulteriori aumenti dei prezzi sui titoli del debito pubblico dei paesi europei. Il risultato è che sul mercato in questi giorni alcuni titoli di Stato di paesi quali Olanda, Svizzera, Austria, Germania o Danimarca sono scambiati a prezzi talmente elevati da comportare un tasso di rendimento negativo. Ciò significa che l’investitore che acquista sul mercato una di queste obbligazioni, paga oggi un prezzo superiore al valore restituito a scadenza più l’ammontare delle cedole. Si ha insomma la certezza che quando il titolo sarà rimborsato si avranno meno soldi in tasca di quelli che si avevano prima di investire. Il Financial Times riporta che il valore dei titoli della zona euro scambiati sul mercato secondario con rendimenti negativi ammonta a quasi 1.600 miliardi di euro.
L’abbattimento dei tassi ha interessato in prima battuta i titoli del debito pubblico dei paesi considerati più sicuri ma in questi giorni anche alcuni emittenti privati, come Nestlé o Shell, hanno visto i tassi di interesse sui loro titoli passare in territorio negativo o comunque molto prossimi allo zero.
Da un punto di vista economico la situazione è quanto mai insolita. La teoria suggerirebbe che nessun investitore sarebbe disposto a sostenere una perdita certa sul proprio investimento. Eppure succede. Le ragioni possono essere svariate. Da un lato le attese che i prezzi possano salire ancora, sulla scorta degli acquisti di titoli da parte della banca centrale, spingono gli investitori ad acquistare oggi quei titoli, nella speranza di venderli prima della scadenza a prezzi più elevati. In aggiunta a ciò le aspettative di svalutazione dell’euro rispetto alle valute dei paesi vicini spingono ad acquistare titoli in quelle valute. Una buona fetta di investitori istituzionali si vede poi quasi costretto ad acquistare questi titoli perché soggetti a vincoli in termini di rating, come magari fondi pensione o assicurazioni. Per le banche poi potrebbe essere più conveniente impiegare la liquidità in questi titoli piuttosto che depositarla alla banca centrale che applica un tasso negativo sulle riserve in eccesso.
Quali che siano le ragioni di questa situazione, le implicazioni sono diverse e profonde.
Scegliere come gestire i risparmi in un contesto di tassi negativi non è un’operazione scontata. Gli strumenti tipicamente preferiti dai risparmiatori italiani, quali i titoli di Stato domestici, i buoni fruttiferi o i conti deposito hanno un rendimento prossimo allo zero. Si creano invece potenziali opportunità su tipologie di titoli tipicamente meno familiari al piccolo risparmiatore come titoli azionari o titoli in valute estere. È importante però approcciarsi a questi mercati tenendo a mente criteri di diversificazione e gradualità e rispettando la proprio tolleranza al rischio.
Per quanto riguarda gli Stati e le imprese invece, la riduzione dei tassi è un’ottima notizia perché abbassa il costo del nuovo debito. È emblematico il recente caso della Finlandia che ha emesso un titolo con scadenza a 5 anni ad un tasso negativo, il che significa che gli investitori hanno scelto di pagare lo Stato finlandese per prestargli dei soldi. Se questa situazione si dovesse mantenere potremmo vedere diverse nuove emissioni su scadenze brevi (ma forse anche medie) a tassi negativi. Prende forma in questo modo il paradosso per cui, per alcuni emittenti, il debito diventa una risorsa, in quanto frutta interessi attivi. Insomma, il debito, pubblico o privato, croce dei mercati finanziari negli ultimi anni, potrebbe diventarne la delizia.