Negli ultimi anni, a causa del prolungarsi della crisi, il tema dell’abbandono della moneta unica è ripiombato al centro dei dibattiti politici ed economici anche nel nostro Paese. Parte dell’opinione comune punta il dito contro l’euro come principale causa della crisi economica che ha colpito duramente gli Stati dell’Europa Meridionale. In realtà, un ritorno alla lira potrebbe determinare conseguenze poco piacevoli ai risparmi delle famiglie italiane.
Ne abbiamo parlato con il Professore Paolo Manasse, ordinario di Macroeconomia e Politica Economica presso l’Università di Bologna.
“Professore può chiarire, cosa accadrebbe ai nostri depositi in caso di ritorno alla lira?”
“Occorre tenere a mente che il passaggio dall’euro alla lira non può manifestarsi dall’oggi al domani. Al di là delle tempistiche legate all’iter parlamentare, occorrerebbero dei mesi per riassestare il sistema dei pagamenti europeo. Nel frattempo, è facile immaginare che gli italiani correrebbero agli sportelli per prelevare i risparmi e spostarli all’estero prima della loro conversione forzata. Come già avvenuto recentemente in Grecia e a Cipro, le autorità introdurrebbero blocchi ai movimenti di capitali e limitazioni al prelievo di contante, innescando ancor di più il panico e la rabbia tra i risparmiatori. Oltre al rischio di chiudere le stalle dopo che i buoi più grandi sono già scappati, a venir meno sarebbe il presupposto che regola l’attività bancaria e cioè la fiducia dei correntisti.”
“E i nostri debiti con le banche, li dovremmo rimborsare in lire?”
“Dipende da quanto previsto nelle condizioni del contratto. Pertanto, non è detto che tutti i debiti bancari potranno essere ripagati in lire. Immaginiamo un debitore che ha come controparte una banca il cui foro competente per le controversie si trova all’estero. In tal caso, il debitore italiano rischierebbe di trovarsi nella triste condizione di onorare dei pagamenti in euro pur percependo delle entrate in una valuta più debole (gli stipendi sono infatti pagati in lire). Insomma, al danno si aggiungerebbe anche la beffa.”
“Che destino si profilerebbe per le nostre banche?”
“Il rischio più grande è quello di assistere ad una balcanizzazione del nostro sistema bancario. Le banche italiane si ritroverebbero escluse dal mercato interbancario europeo ed in preda ad una seria crisi di liquidità. Lo scenario più credibile potrebbe essere quello di una nuova stretta creditizia a deprimere gli investimenti e innescare una spirale recessiva con impatti su salari e disoccupazione. Tra i risparmiatori si diffonderebbero aspettative negative sulle sorti dell’economia, arrestando i consumi e favorendo una flight to quality verso beni di rifugio”.
“E per il nostro debito pubblico?”
“Anche se la stragrande maggioranza del debito pubblico italiano ricade sotto la giurisdizione italiana, la sua ridenominazione in lire potrebbe essere ostacolata dalle clausole di azione collettiva (CACs). In vigore dal 2013, queste clausole attribuiscono un potere di veto ai possessori impedendo di fatto la ridenominazione in valuta locale del debito pubblico di un paese. Attualmente, circa 900 miliardi di euro di titoli del nostro debito sono soggetti a CAC mentre 48 miliardi sono titoli di Stato con foro competente straniero”. In caso di ritorno alla lira, l’Italia rischierebbe dunque di ripagare una parte consistente del suo debito in euro.
“Molti danno per scontato che si possa ritornare alla lira rimanendo all’interno del mercato unico dell’UE e utilizzano l’argomentazione che l’uscita dall’euro sarà in grado di far ripartire l’economia. Cosa ne pensa?”
“In caso di abbandono dell’euro, la possibilità di rimanere all’interno del mercato unico è una materia grigia, non esplicitamente regolata all’interno dei trattati dell’Unione Europea. Tuttavia, secondo alcune interpretazioni, l’abbandono dell’euro può comportare la contestuale rinegoziazione dei trattati di libero scambio con tutti i Paesi europei. In tale ipotesi, ridare slancio al nostro export per mezzo di una svalutazione competitiva della lira potrebbe essere ostacolato dall’imposizione di tariffe doganali contro i prodotti italiani. Al contrario, se l’Italia rimanesse un Paese membro dell’Unione pur adottando la propria moneta, non sarà esente dal rispetto di programmi di convergenza delle finanze pubbliche imposti da Bruxelles. Pertanto, chi pensava di liberarsi facilmente del nemico e correre per la propria strada dovrà rivedere i suoi piani.”
Sperare di risolvere tutti i problemi della nostra economia attraverso l’abbandono dell’euro ed il ritorno alla lira potrebbe riservarci un brusco risveglio. Un clima di forte incertezza si diffonderebbe tra i risparmiatori che metterebbe a repentaglio il futuro del nostro sistema bancario. La possibilità di ridenominare in lire tutti i nostri debiti (privati e pubblici) si scontrerebbe inevitabilmente con un veto da parte dei creditori esteri. Inoltre, il crescente pessimismo degli investitori nei confronti dell’Italia, si tradurrebbe in una risalita dei rendimenti sui titoli emessi dal Tesoro.
“Per trovare qualcuno disposto a comprare i nostri titoli, o a rinnovare quelli che detiene, dovremmo porre in atto paradossalmente politiche più e non meno “austere” di quelle di oggi” (Istituto Bruno Leoni).
Diversa è invece l’opportunità di darsi una mossa verso un’integrazione fiscale e politica in Europa che ci possa fare finalmente godere di tutti i vantaggi di una moneta unica.
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