Per scegliere prodotti finanziari (fondi di investimento, obbligazioni, prestiti, mutui, ecc.) tendiamo ad affidarci ad un consulente o alla nostra banca.
C’è il rischio però che ci venga venduto un prodotto che è più nell’interesse del venditore che nel nostro. Ma come fare a capirlo? E come misurarlo?
In un primo articolo ci siamo occupati soprattutto di investimenti e notato come un modo per valutare la “bontà” e della consulenza sia quello di confrontare la performance dei conti di clienti con consulenza con quelli di clienti che non ne fanno uso.
Un altro modo per verificare l’ ”indipendenza” dei consigli dati al risparmiatore è effettuare esperimenti sul campo.
Quando si compiono, si trova che i consigli sono tanto meno indipendenti quanto maggiore è l’ignoranza del cliente. Però, trattandosi di esperimenti una tantum non possiamo essere certi della loro esaustività e della loro valenza nel mondo reale dove il cliente ha rapporti ripetuti con l’intermediario che dovrebbero scoraggiare comportamenti poco trasparenti. Ma ciò accade veramente?
Per rispondere, in un lavoro con alcuni coautori (Gabriele Foà, Leonardo Gambacorta e Paolo Mistrulli), abbiamo seguito un altro approccio. Abbiamo usato dati italiani su tutti i mutui concessi da tutte le banche italiane ai loro clienti e studiato la scelta del tipo di mutuo, a tasso fisso o a tasso variabile.
L’idea del test è semplice: una volta che una persona si reca in banca, la decisone se stipulare un mutuo a tasso fisso o variabile deve dipendere solo dalle caratteristiche della persona e dal costo dei due mutui, cioè dal tasso sul fisso e sul variabile. E niente altro. In particolare non dovrebbe dipendere dal fatto che, ad esempio, in quel particolare mese il costo di raccogliere soldi a lungo termine per la banca è alto o basso o dalla facilità con cui in quel mese riesce a cartolarizzare mutui. Ovviamente queste caratteristiche possono influire sulla preferenza della banca a vendere i mutui a tasso fisso o variabile, ma questo dovrebbe essere riflesso nel tasso che chiede al cliente. E solo questo dovrebbe guidare la sua scelta. Se invece oltre al tasso, anche queste caratteristiche dell’intermediario influenzano la scelta allora è molto probabile che l’intermediario stia cercando di distorcere la scelta del cliente a suo vantaggio.
Per chiarire, se uno va da un fruttivendolo e una volta dentro deve decidere quante mele e quante pesche comprare, l’unica cosa che dovrebbe spiegare la sua scelta sono le sue preferenze/necessità e il prezzo relativo delle mele e delle pesche. Ma ad esempio la capienza del frigorifero non dovrebbe influenzare la scelta. Se invece la scelta del cliente, una volta che si tiene conto del prezzo, dipende dalla capienza rimasta nel frigo e a parità di prezzo i clienti tendono a comprare più mele che pesche quando c’è meno capienza nel frigo, c’è il fondato sospetto che il fruttivendolo stia cercando di sbolognare le pesche prima delle mele perché sono più deperibili e quindi gli possono andare a male non avendo spazio nel frigo.
Con i mutui si trova esattamente questo: non solo la scelta tra tasso fisso e variabile dipende dal livello dei tassi sui due tipi di mutuo, come ci si aspetta, ma è sistematicamente influenzata da caratteristiche della banca, come la possibilità di cartolarizzare o il costo a cui ottiene fondi a lungo termine sul mercato. E queste variabili distorcono la scelta del cliente proprio nella direzione che conviene alla banca: così le persone che scelgono il mutuo in un trimestre in cui la banca non riesce a cartolarizzare è più probabile, parità di tasso, che scelgano un mutuo a tasso variabile, rispetto a clienti della stessa banca che scelgono in un trimestre dove è facile cartolarizzare. Per di più queste distorsioni sono più marcate per i clienti finanziariamente meno sofisticati. I sofisticati sembrano in grado di capire il conflitto di interesse della banca e ne ignorano il consiglio. Insomma, nel mercato italiano dei mutui i consigli distorti pare siano la norma, non il riflesso della mela marcia in un cesto di mele buone.