Con un sistema bancario sproporzionatamente grande e particolarmente esposto verso l’estero, il caso dell’isoletta di Cipro mostra alcune delle fragilità che possono esistere nei sistemi bancari. La nostra penisola, sicuramente meno vulnerabile in termini di esposizioni estere e dimensioni del sistema bancario, presenta altre debolezze alle quali bisogna fare attenzione. Con il prelievo forzoso sui depositi bancari, il caso di Cipro crea un precedente pericoloso che rischia di essere replicato.
Nel secondo stato più indebitato a livello pubblico e privato nell’area euro opera un sistema bancario ipertrofico che ha attività (contanti, prestiti, titoli) pari a 8 volte il PIL. Possiamo iniziare da questo dato per capire l’origine della crisi di Cipro.
Questa piccola economia (0,25% del PIL dell’area euro), con una tassazione favorevole (l’aliquota per le imprese è del 10%) e regole poco stringenti in tema di norme antiriciclaggio, ha attirato negli anni ingenti flussi di capitali. Il paese che ha 18 miliardi di PIL all’anno si trova con un sistema bancario che detiene oltre 70 miliardi di euro in depositi, circa il 40% dei quali sono riferiti a non residenti, in particolare russi.
Negli ultimi anni, le banche cipriote hanno investito fortemente in Grecia, effettuando prestiti ed acquistando titoli di stato, offrendo agli investitori ritorni elevati con una tassazione favorevole. Ma, nel febbraio del 2012, la ristrutturazione greca e l’avvitamento dell’economia hanno portato il sistema bancario al collasso senza che lo stato potesse dare un sostegno. L’economia è piccola e le risorse necessarie al salvataggio non paiono irreperibili – sono cifre insignificanti per l’Europa, ma prevalgono invece le questioni di principio e della politica. Ma dove fossero le questioni di principio quando le banche cipriote effettuavano investimenti rischiosi con i risparmi dei correntisti senza darne alcuna visibilità non lo sappiamo.
Dopo otto mesi di trattative fallite tra Cipro e le autorità politico-finanziarie, i mercati finanziari chiudono le porte, così come hanno poi dovuto fare le banche dell’isola per evitare un assalto agli sportelli. Urgono 17 miliardi per tenere a galla il paese ed il sistema bancario, l’FMI ed i partner europei hanno pronto un pacchetto da 10 miliardi di euro ma Cipro deve trovare gli altri 7 miliardi; così che arriva la brillante idea di attingere ai depositi bancari. Dopo l’indignazione generata dalla proposta di tassare anche i depositi sotto i 100.000 euro, Cipro ha approvato un prelievo forzoso di oltre il 30% per i depositi sopra i 100.000 euro. Sono salvi i depositi inferiori a 100.000 euro ma crolla l’utopia che tenere i soldi in un conto corrente equivalga a tenerli ‘sotto il materasso’, al sicuro.
Nonostante la situazione cipriota sia abbastanza unica – vi si avvicinano per alcuni aspetti il Lussemburgo e Malta – il messaggio politico dell’Europa è chiaro: non si può sempre contare sull’intervento incondizionato di terzi e, chiunque richieda un sostegno finanziario, dovrà essere disposto ad un coinvolgimento del settore privato. La conclusione è che un dissesto finanziario, anche temporaneo, potrebbe riflettersi sui creditori delle banche: non solo obbligazionisti ma anche correntisti.
Il sistema bancario italiano è molto diverso da quello cipriota. In Italia, dove il Prodotto Interno Lordo ammonta a 1565.9 miliardi di euro (2012) e il debito pubblico è del 120,1% del PIL, il sistema bancario ha dimensioni più contenute rispetto a Cipro in rapporto all’economia reale: le sue attività pesano infatti solamente 2,7 volte il PIL, uno dei valori più bassi rispetto agli altri paesi europei. Rispetto alla media europea, l’esposizione ai depositi dei non-residenti è molto bassa e questo contribuisce a diminuire il rischio di una fuga o rimpatrio di capitali.
La fragilità del nostro sistema risiede però nella qualità degli impieghi: il complesso dei crediti deteriorati, al netto di quanto già svalutato in seno ai bilanci delle banche, raggiunge infatti 161 miliardi (l’8,4% del totale dei prestiti erogati dal sistema bancario e il 10,3% del PIL); questa cifra è anche, all’incirca, pari al patrimonio netto aggregato dell’intero sistema bancario italiano.
Aspettando che nei mesi a venire le banche migliorino le coperture dei crediti in sofferenza e che ripensino il loro modello di attività ed il modo in cui servono l’economia reale, noi risparmiatori dobbiamo armarci di alternative e rimanere informati. I depositi di valore inferiore a 100.000 euro sono garantiti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Per quelli sopra i 100.000 euro, che non godono di alcuna garanzia, esplicita o implicita, dobbiamo da una parte tener presente che da ieri, in Europa, lo status di correntista non garantisce più la totale inattaccabilità e, dall’altra, cercare di comprendere un po’ di più lo stato di salute della banca nella quale depositiamo i soldi. Quando anche il semplice conto corrente è a rischio, ci conviene guardare con un’ottica diversa le forme di investimento alternative, come ad esempio ETF o fondi comuni d’investimento, che abbiano costi accettabili e che offrano la maggior trasparenza possibile.
Informiamoci e Risparmiamocelo!