I sottoscrittori di fondi comuni sono sempre più anziani. L’età media è passata dai 52 anni del 2002, ai 57 del 2012, per raggiungere i 58 anni nel 2013, secondo l’ultimo aggiornamento di Assogestioni. Per contro, la fascia di età che va dai 26 ai 35 anni rappresenta solo il 6% della popolazione dei sottoscrittori. La spiegazione più ragionevole sembra essere quella per cui i giovani sono in condizioni economiche particolarmente precarie e fanno fatica quindi a risparmiare. C’è tuttavia un dato allarmante che suggerisce che questa ipotesi sia semplicistica, se non falsa.
Negli ultimi anni l’età media dei giocatori d’azzardo si è abbassata sempre di più. La diffusione di siti e app per giocare d’azzardo tramite smartphone e tablet ha reso possibile giocare ovunque, in qualunque momento, scommettendo su qualsiasi cosa anche importi molto contenuti.
I due mercati possono sembrare simili. Si dice giocare in Borsa, no? Ci sono però delle forti differenze.
Investendo con metodo, poco alla volta, in strumenti diversificati si ha, nel medio periodo, un guadagno. È vero che i mercati sono volatili, quindi come salgono così possono scendere, ma nel lungo periodo abbiamo assistito a una crescita dei mercati azionari, legata alla crescita dell’economia. Inoltre proprio l’andamento altalenante dei mercati, se gestito con metodo e razionalità, può portare a un risultato migliore del mercato stesso. Insomma, il risultato di un investimento non è né certo né prevedibile, ma se facciamo riferimento a quanto accaduto nei decenni passati e se rispettiamo i paletti elencati sopra, il rendimento atteso sarà positivo.
Ben diverso è il discorso per il gioco d’azzardo. Il lauto premio a fronte degli importi giocati contenuti invita molti a giocare regolarmente. Peccato che la probabilità di vincere sia talmente contenuta da rendere il valore atteso della giocata negativo. In altre parole, se giocassi infinite volte avrei la certezza di perdere dei soldi.
La differenza è tra chi si gioca il futuro e chi ci investe. Atterrisce vedere che i più giovani, che dovrebbero avere il massimo dell’interesse nel proprio futuro, in quanto dovranno passarci più tempo, sono quelli più propensi a giocarselo, facendo la fortuna di un’industria che si nutre della loro insicurezza e mancanza di prospettive. I 5, 10 o 20 euro al mese vengono più facilmente bruciati in scommesse piuttosto che risparmiati e investiti.
L’industria del gioco d’azzardo ha però parecchio da insegnare a chi si occupa di gestire i risparmi. I primi sono stati in grado, complice la crisi, di attrarre sempre più clienti e soprattutto di utilizzare la tecnologia per avvicinarsi a un pubblico diverso da quello classico dei Bingo o delle slot-machine. La diffusione di internet e in particolar modo degli smartphone ha moltiplicato le occasioni di giocare d’azzardo, complici anche i minimi contenuti delle singole giocate, con una modalità di utilizzo particolarmente attraente per i più giovani. Il settore del risparmio gestito sembra invece cristallizzato dentro i propri confini, incapace di rinnovarsi e semplificarsi per diventare fruibile anche dai più giovani o da chi ha patrimoni meno rilevanti da investire.
Gli ultimi dati ci dicono che il settore del risparmio gestito è molto indietro, come sottolinea l’età sempre più avanzata dei sottoscrittori e le caratteristiche di questi in termini di reddito (elevato). Sembra molto calzante qui la citazione del giallista francese Jean Claude Izzo che scrive che quando non c’è soluzione, scommettere è ancora sperare. Non c’è quindi soluzione? Siamo destinati a una società in cui gli unici che sono nelle condizioni di investire i propri risparmi, grandi o piccoli che siano, sono i più anziani, mentre i giovani possono solo giocarsi (comodamente dallo smartphone) i propri risparmi?
Nel panorama, solitamente arido, del settore finanziario qualcuno ha raccolto la sfida. Conosci Gimme5?