Il Presidente dell’Inps Tito Boeri ha di recente lanciato l’iniziativa della “Busta Arancione”, che calcola in anticipo l’ammontare e la data della pensione futura di ogni lavoratore sulla base dei contributi versati.
In questa settimana sono già state inviate le prime 150mila e 7 milioni di buste arriveranno a casa di lavoratori del settore privato entro la fine dell’anno.
Le informazioni contenute nella Busta Arancione non sono una novità assoluta, poiché già accessibili online sul sito Inps agli utenti abilitati al servizio.
La scelta di inviarle a casa di sette milioni di italiani risponde comunque a due esigenze di fondo:
1) tutti, anche i soggetti meno pratici all’uso del computer e di internet, devono avere accesso a informazioni inerenti alla loro futura pensione;
2) richiamare l’attenzione e sensibilizzare gli Italiani sul delicato tema delle pensioni.
Grazie alla simulazione prevista dalla Busta Arancione, infatti, ogni lavoratore può guardare concretamente il proprio “gap previdenziale”, cioè la differenza tra l’ultima retribuzione prima della pensione e l’assegno pensionistico che percepirà.
Prima di aprire la Busta, alcuni quesiti sorgono spontanei: “Quali sono i criteri che determinano il calcolo della pensione? Perché dovremmo prendere questo calcolo con le pinze?”
I criteri di calcolo delle pensioni riportati nelle Buste prevedono, tra le altre assunzioni:
– una crescita dello stipendio costante;
– una crescita annua del Pil italiano pari all’1,5%.
Non occorre essere degli esperti per capire che si tratta di proiezioni fin troppo rosee e ottimistiche rispetto ai dati su retribuzioni e PiL italiani degli ultimi 10 anni.
Non viene considerata, ad esempio, né un’eventuale interruzione di carriera, né la stabilità del proprio stipendio per un periodo prolungato, fattori che ovviamente penalizzano fortemente il futuro assegno in un sistema contributivo.
Ma non solo: tutte le proiezioni contenute nella Busta Arancione sono effettuate al lordo delle tasse, assunzione che non contempla aumenti e la cui attendibilità quindi si commenta da sé (anche se metodologicamente corretta).
L’importo delle pensioni potrebbe facilmente essere ridotto anche per esigenze dell’Inps, che nel prossimo futuro dovrà affrontare anche un costante processo d’invecchiamento della popolazione (e quindi dovere erogare pensioni a sempre più cittadini).
Infatti, così come sostenuto da varie ricerche demografiche, il rapporto tra i pensionati e la popolazione attiva (20-65 anni) raddoppierà nel corso di una generazione. La percentuale di pensionati rispetto ai lavoratori passerà dal 37% di oggi al 65% nel 2040 (da 1 su 3 a 2 su 3).
Per questi motivi, le critiche alle Busta Arancione non si sono di certo fatte attendere. Certo è che, anche riconsiderando il calcolo con scenari più verosimili, la Busta Arancione ci dice che molti lavoratori non otterranno una pensione sufficiente a vivere dignitosamente.
La Busta Arancione quindi va interpretata come uno strumento sì previsionale, pur tenendo conto dei suoi limiti, ma soprattutto come un modo per prendere coscienza di questo problema troppo sottovalutato: le nostre pensioni future.
Ciò che la Busta Arancione ci fa ben capire pur non dicendolo è che non possiamo lasciare il nostro futuro pensionistico completamente in mano agli “altri”.
Possiamo e dobbiamo iniziare a pensare a modi con cui ottenere integrazioni alternative all’assegno della pensione pubblica, così da assicurarci un tenore di vita migliore.
Le forme di previdenza integrativa sono già oggi numerose: i fondi pensione negoziali, fondi pensione aziendali, ad esempio, permettono di ottenere anche ottimi risparmi fiscali in caso di adesione.
Ma anche i lavoratori, a tempo indeterminato e non, che non hanno la possibilità di accedere a fondi pensione possono usare altri modi efficienti per avere un maggior reddito pensionistico futuro, anche con semplicità e senza impegni mensili o periodici che siano ricorrenti.
E’ fondamentale attivarsi da subito per occuparsi oggi del proprio futuro, ed evitare di preoccuparsene un domani.