Nelle scorse settimane, abbiamo parlato di Jobs Act e mercato del lavoro, sollevando alcune perplessità circa le decisioni prese dal Governo al fine di ridurre il lavoro precario. Uno degli effetti del Jobs Act è stato di semplificare di molto l’uso dei voucher lavoro Inps. Ma l’utilizzo di questo strumento raggiunge veramente gli obiettivi che si è posto il Governo?
I buoni lavoro, i cosiddetti voucher, sono erogati dall’INPS e rappresentano un modo per retribuire i lavori occasionali e discontinui, non regolamentati con contratti classici.
I voucher, stanno vivendo un boom senza precedenti in Italia. Nel 2015 sono stati venduti quasi 115 milioni di voucher dal valore nominale di 10 euro (+66% rispetto al 2014), e nel primo bimestre del 2016 l’aumento rispetto all’anno precedente è stato del 45%.
Lo strumento è rivolto a chi presta la propria opera al di fuori delle forme contrattuali tipiche del lavoro subordinato, a patto che i compensi annui non superino i 7mila euro netti. I voucher prevedono una retribuzione netta di 7,5 euro per il lavoratore comprensivi di assicurazione e versamento previdenziale, a fronte di un costo di 10 euro per il datore di lavoro.
Nati come uno strumento per favorire l’emersione del nero e semplificare i rapporti di lavoro saltuario a difesa delle categorie più deboli, in realtà i voucher si sono rivelati un’arma a doppio taglio. Non essendo tracciabili in molti casi non solo hanno incentivato ancora di più il lavoro in nero ma hanno anche contribuito paradossalmente alla crescita del precariato, soprattutto in alcuni settori cruciali come il turismo e la ristorazione.
Non a caso, l’uso dei voucher ha fatto registrare un boom proprio nelle regioni in cui il turismo rappresenta un settore trainante dell’economia.
La possibilità di abusi e di un uso distorto di questo strumento è infatti dietro l’angolo. La ragione che ha portato ad un uso sproporzionato dei voucher risiede nel fatto che dietro di esso si possono celare meccanismi di evasione dell’Irap per il datore di lavoro e dell’Irpef per il lavoratore. Di fatto questo sistema favorisce la sostituzione dei contratti part time e stagionali lasciando intatta la massa dell’economia sommersa.
Infatti, considerando le modalità di attivazione del buono, il datore di lavoro ha la possibilità di usare un solo voucher anche a fronte di più ore di lavoro prestate. Facendo così, il lavoratore resta al di sotto della soglia Irpef e il datore di lavoro elude i contributi sulle ore aggiuntive.
Allo stato attuale, la determinazione settoriale del compenso orario risulterebbe inutile poiché i €7,50 che vanno percettore di voucher si configurano come una sorta di salario minimo implicito aldilà di qualsiasi differenza produttiva tra settori.
Sebbene non possa essere usata come giustificazione, la causa alla base dell’utilizzo distorto dei voucher da parte di imprese e datori di lavoro è da ricercare in un problema di lunga data per il mercato del lavoro italiano: una pressione fiscale, e un costo del lavoro che vede l’Italia ai vertici tra i paesi industrializzati con il più alto livello di cuneo fiscale.
Il sistema voucher, quindi, lungi dal rappresentare una sorta di avvio per la riduzione del precariato e del lavoro in nero si è in realtà configurato come una soluzione (illegale) per far fronte di elevati costi del lavoro.
Da giugno 2016 le cose dovrebbero cambiare e i furbetti dei voucher dovrebbero avere vita meno facile. L’Inps, ha infatti annunciato lo scorso 15 aprile una riforma sulla tracciabilità dei voucher volta ad introdurre nuovi aggiornamenti nella procedura telematica di richiesta. Inoltre, verrà istituito un Osservatorio per reprimere l’uso improprio e l’abuso di voucher Inps tramite un’intensificazione dei controlli e un inasprimento delle sanzioni per lavoro in nero mascherato da lavoro accessorio. In particolare saranno esaminati gli andamenti “delle prestazioni di carattere previdenziale e delle relative entrate contributive conseguenti allo sviluppo delle attività di lavoro accessorio, anche al fine di formulare proposte per adeguamenti normativi delle disposizioni vigenti”.
La speranza è quella di ottenere un meccanismo più trasparente per lo svolgimento di lavori occasionali. Tuttavia, il vero nodo da sciogliere resta a monte e riguarda gli oneri sul lavoro, che in Italia, restano ancora troppo elevati per una ripresa (non mascherata) del mercato del lavoro.