Per te, ogni due settimane, una selezione dei migliori articoli del blog.
Se qualcuno vi dicesse che negli anni della crisi i risparmi degli italiani sono passati da 3.500 miliardi di euro a quasi 4 mila, sareste un po’ stupiti ma vi sembrerebbe una buona notizia. Se poi la stessa persona aggiungesse che negli ultimi anni le famiglie italiane si sono arricchite, sareste quanto meno spaesati. Se però questa persona fosse il presidente del consiglio Matteo Renzi, allora sareste portati a credergli, o forse no.
La diffusione del gioco d’azzardo. Il successo di maghi e chiromanti. La paura per il diverso. La sfiducia nella politica. Questi aspetti, selezione arbitraria di una lista molto più lunga, hanno una caratteristica in comune. Concorrono a dipingere una società che non ha più fiducia in se stessa e nel futuro. Una popolazione di cittadini vulnerabili.
Un investimento diversificato, accessibile da piccoli importi. Per queste caratteristiche i fondi comuni hanno da sempre avuto un ruolo importante nei portafogli degli italiani. Sempre più voci si levano però contro questo strumento attaccandone il lato più vulnerabile: i costi.
I sottoscrittori di fondi comuni sono sempre più anziani. L’età media passa è passata dai 52 anni del 2002, ai 57 del 2012, per raggiungere i 58 anni nel 2013, secondo l’ultimo aggiornamento di Assogestioni.
Lentamente, sta prendendo forma il cosiddetto Jobs Act, la riforma del lavoro proposta del governo Renzi. Sono ancora in via di definizione le specifiche ma le direttrici della riforma sembrano essere tracciate.
Ogni mattina un italiano si sveglia e sa che dovrà andare a lavorare. Il posto di lavoro è una dimensione a cui dedichiamo un’enorme quantità di tempo e attenzioni, e la qualità del lavoro ha dunque un ruolo centrale nel determinare il benessere di un individuo.
Negli ultimi anni sono sempre più le voci che si levano contro i politici e in particolar modo contro i loro stipendi. Una soluzione tuttavia al malcontento verso la politica potrebbe passare proprio da un aumento di questi stipendi. Più in generale, vale la pena farsi una domanda: il problema è che i politici guadagnano troppo o che fanno male il loro lavoro?
La spending review, come viene chiamata la revisione della spesa pubblica, si era posta degli obiettivi sacrosanti. Oggi sembra che l’ennesimo esperto chiamato dal governo per fare lo sporco lavoro stia gettando la spugna.
Pagare con il bancomat è diventato un diritto. Dal 30 giugno è stato infatti introdotto l’obbligo per qualsiasi attività commerciale di munirsi di POS, il terminale per effettuare pagamenti elettronici, e di accettare pagamenti con il bancomat per importi superiori ai 30 euro. La manovra è condivisibile ma nasce con dei grandi limiti: impone un forte costo sulle piccole imprese e trasferisce ricchezza alle banche. Vediamo cosa mantenere e cosa pretendere che cambi in fretta, e sgombriamo il campo da facili populismi che sono nati intorno alla vicenda.
I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Questa è la fotografia che emerge dal recente rapporto dell’OCSE sulla disuguaglianza che evidenzia come la crisi abbia portato a una forte concentrazione dei redditi nella maggior parte dei paesi considerati. Nel nostro paese il dato riflette una struttura sociale sempre più divisa, non solo sotto il profilo economico.