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La Confindustria urla allo scandalo, Beppe Grillo alla fregatura. L’ipotesi del Governo di dare il TFR in busta paga va invece in una direzione importante, ribadisce il diritto di ognuno di decidere cosa fare dei propri soldi.
Siamo talmente sopraffatti dalle disastrose notizie economiche provenienti dal nostro paese che facciamo fatica a renderci conto che ci sono anche in Italia realtà aziendali che crescono e che ci sono altri paesi in cui la crisi è stata ampiamente riassorbita.
Le prime esperienze di lavoro. I primi, spesso miseri, stipendi. La crescente indipendenza finanziaria dalla famiglia. I giovani adulti sono chiamati a compiere una serie di scelte che riguardano la gestione dei propri soldi, ma spesso non sanno da che parte iniziare. A chi si rivolgono?
Un gigante istituzionale del risparmio gestito esce dai propri investimenti in hedge fund. La decisione insegna tanto anche al piccolo risparmiatore, anche se non ha mai investito in fondi speculativi.
Lentamente, sta prendendo forma il cosiddetto Jobs Act, la riforma del lavoro proposta del governo Renzi. Sono ancora in via di definizione le specifiche ma le direttrici della riforma sembrano essere tracciate.
Perché gli italiani gestiscono male i propri risparmi? Che ruolo hanno le previsioni sui mercati nella gestione dei risparmi? Che rapporto c'è tra prezzi dei titoli e aspettative e quali implicazioni ha questa relazione? E ancora, qual è il ruolo della finanza nell'economia reale?
Il paese con uno dei tassi di risparmio delle famiglie tra i più elevati al mondo è anche tra quelli in cui le imprese hanno le maggiori difficoltà a reperire capitali. Il mancato incontro di questi due mondi, che penalizza sia il sistema produttivo sia la ricchezza finanziaria delle famiglie, è il frutto di una scarsa attenzione finanziaria e di specifiche misure di politica fiscale.
Ogni mattina un italiano si sveglia e sa che dovrà andare a lavorare. Il posto di lavoro è una dimensione a cui dedichiamo un’enorme quantità di tempo e attenzioni, e la qualità del lavoro ha dunque un ruolo centrale nel determinare il benessere di un individuo.
La competitività italiana resta ferma al palo. Questo l’amaro verdetto espresso dal Global Competitiveness Report 2014-2015 elaborato dal World Economic Forum. Il Bel Paese conferma il 49* posto sui 144 Paesi presi in esame dal report e si vede superata rispetto allo scorso anno da Lettonia (42*) e Portogallo (36*). Meglio di noi Paesi come Panama, Mauritius, Oman, Bahrain e Azerbaijan.
L’ammontare del debito pubblico italiano è alle stelle, l’economia è in recessione e ad agosto il Paese è entrato in deflazione mostrando gli effetti di un preoccupante calo della domanda e dei consumi. Tutti segnali di un’economia ormai allo stremo che attende (ancora) azioni risolutive dalla politica. Eppure in questa situazione non mancano i paradossi.