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“I fondi comuni sono cari. Conviene comperare un ETF (un fondo passivo che replica l’andamento di un indice) ad un costo molto inferiore. Risparmiando sui costi si migliora il proprio rendimento potenziale, investendo comunque in uno strumento diversificato e accessibile”. Questa affermazione, che si legge e si sente di frequente, è in parte vera ma anche parecchio approssimativa. Anzi, i fondi comuni sono per molti risparmiatori uno strumento di investimento molto più adatto rispetto ad un ETF. Ecco perché.
Tra i lasciti della crisi in Europa, e in particolare in Italia e nel Sud d’Europa, c’è l’aumento della disoccupazione. Un articolo dell’Economist, il settimanale britannico di politica ed economia, suggerisce che, in questo contesto, il problema principale per l’Europa è rappresentato dalla disoccupazione di lungo periodo che può lasciare un grave solco sociale.
Molti pensano che gli investimenti low-cost siano destinati esclusivamente ad un target giovane e poco facoltoso. Eppure, anche molti milionari iniziano a prendere questa strada...
Per molti risparmiatori, sottoscrittori di fondi comuni, l’importante è che il valore del proprio investimento cresca nel tempo e soprattutto non si riduca. Non necessariamente però questo ci dice qualcosa circa la bravura di un gestore: in un periodo in cui il mercato di riferimento del fondo è in crescita, è facile che anche l’andamento del fondo sia positivo; viceversa in una fase negativa per i mercati, è possibile che anche il rendimento del fondo lo sia.
Per cosa risparmia la classe media italiana? Come investe i risparmi? Ecco la fotografia offerta da una recente indagine, che getta ombra su alcune certezze che pensavamo di avere in questi mesi sul settore del risparmio gestito.
Le banche e l’industria finanziaria non godono di grande reputazione. Ancor più nell’ultimo lustro dopo che la crisi finanziaria ha portato alla luce fatti e soprattutto misfatti riconducibili a comportamenti scorretti e ad abusi della fiducia dei clienti.
Meglio tardi che mai. Consob, l’autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari, ha finalmente puntato il dito contro la pratica, diffusissima, della vendita ai risparmiatori di fondi comuni di diritto estero. Il pericolo che evidenzia Consob deriva dalla diversa normativa tra paesi sul calcolo delle commissioni di performance. Ai fondi comuni di diritto italiano Banca d’Italia impone un metodo di calcolo, migliorabile, ma comunque tutelante il risparmiatore, cosa che invece non accade per i fondi esteri, ad esempio lussemburghesi o irlandesi.
Non sempre il risparmiatore è il soggetto debole nel rapporto con la banca e il promotore. Non sempre la rassegnazione di fronte a un sistema ritenuto ingiusto, costoso e dominato da conflitti di interessi è l’unica strada percorribile. Riprendiamo per intero la lettera di un risparmiatore inviata alla redazione del Sole 24 Ore e pubblicata sabato 11 luglio da Plus24.
È difficile dare un’interpretazione univoca di cosa sia il rischio finanziario. Per alcuni è la possibilità di perdere dei soldi. Per altri è il rischio di incorrere in prodotti costosi. Potrebbe però anche essere un fattore di incertezza che permette di ottenere rendimenti maggiori. Di certo, la diversa percezione di questo concetto tende a tradursi in diverse scelte di investimento.
Dopo il risultato del referendum il mondo continua a osservare la Grecia. All’infuori del ciclone greco la situazione in Europa sembra tranquilla. Un recente articolo del Financial Times mette in guardia da questa calma apparente che potrebbe nascondere forti rischi per la Francia e l’Italia.