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“Prima dell'adesione leggere attentamente il KIID”. Già… il KIID. Il KIID è quel documento che sintetizza quelle che dovrebbero essere le informazioni più rilevanti per un investitore riguardo ad un fondo di investimento. Grazie alla chiarezza tipica di regolatori e istituzioni finanziarie, la lettura del KIID risulta ostica a molti, volenterosi, che la approcciano.
La voce dei pessimisti è forte e domina il dibattito pubblico. Le teorie più in voga sul futuro (catastrofico) dell’economia globale spaziano dal sovrappopolamento rispetto alle risorse disponibili (la cosiddetta trappola malthusiana), al suo opposto, ossia la decrescita dovuta all’invecchiamento delle popolazione e al crollo dei tassi di fertilità, passando per il rallentamento della domanda aggregata, la stagnazione secolare.
Dallo scoppio della crisi, il debito totale globale è cresciuto di 57 mila miliardi di dollari. Questa enorme accumulazione di debito governativo e privato, è stata in parte frutto di una specifica reazione politica alla crisi, ma in parte è anche l’effetto di politiche che incentivano l’assunzione di debito per famiglie e imprese. Questi sussidi pubblici hanno effetti fortemente negativi sull’economia, in quanto portano disuguaglianza, inefficienza e vulnerabilità, anche in Italia.
È difficile mettere d’accordo due economisti. Diverse scuole di pensiero si scontrano su tutto, dal ruolo dello stato nell’economia, a quello della banca centrale, alla composizione del fisco. A leggere però in questi giorni molti commenti, sembra che ci sia una tesi che è portata avanti da molti esperti, indipendentemente dalla nazionalità, dall’orientamento politico e dal ruolo: l’Europa dovrebbe accogliere i migranti, ne ha bisogno. Ecco l’opinione di Ian Buruma, in un recente articolo pubblicato su Project Syndicate.
È molto difficile riuscire a migliorare la qualità delle scelte finanziarie dei risparmiatori se questi non hanno delle nozioni per far di conto. Si può obiettare che questa è una visione esagerata. Dopo tutto per curarci dei malanni non prendiamo lezioni di medicina ma ci affidiamo al medico. Per analogia, si può sostenere, la soluzione è quella di delegare le scelte all’esperto e far decidere lui al posto nostro, sia questo un intermediario o un consulente finanziario. Ma non è esattamente così.
Gli italiani non investono in azioni. La grande ricchezza delle famiglie è infatti composta in larga misura da immobili. Della ricchezza finanziaria, il 30% è detenuto come liquidità sui conti correnti e sui depositi bancari e postali. Trascurando i danni che la scelta comporta per i portafogli dei risparmiatori, questa situazione porta in aggregato ad un livello di capitale di rischio molto scarso con due forti implicazioni: un freno all’innovazione e un aumento della disuguaglianza.
Quante volte abbiamo sentito dire che la fine della crisi economica è vicina? Quanti enfatici proclami o previsioni ottimistiche hanno occupato le prime pagine dei giornali prevedendo l’uscita da un tunnel in cui l’economia italiana è da troppo tempo intrappolata? Eppure alla fine bisogna fare i conti con i dati. I numeri non mentono, così almeno si dice. E sono i numeri che ancora una volta raccontano una realtà diversa per i risparmiatori italiani.
Per quei risparmiatori che avessero prestato attenzione alle notizie provenienti dal mondo finanziario, tra un bagno al mare o una passeggiata in montagna, non deve essere stato un Ferragosto tranquillo.
Se avete dato un’occhiata, anche distratta, ai giornali, avete ascoltato la radio o guardato un telegiornale in questi ultimi due giorni non vi sarà sfuggita una cosa: la Cina ha svalutato la propria moneta, con risultati catastrofici sulle Borse di tutto il mondo.
La strategia di investimento preferita, almeno storicamente, dal risparmiatore italiano è quella del cosiddetto cassettista. Il risparmiatore acquista cioè un titolo obbligazionario, sia questo un titolo pubblico o un’obbligazione privata (bancaria), e lo porta fino a scadenza incassando le cedole. Questo atteggiamento, di passiva serenità, si estende poi a forme di investimento diverse: un qualsiasi titolo (sia questo un pacchetto di azioni o un fondo) viene acquistato e dimenticato in portafoglio, almeno fino a quando non dà un risultato particolarmente negativo.