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In questi giorni, una bufera mediatica si è scatenata in seguito all’emanazione del Decreto per il salvataggio di Banca Carige, firmato da M5s-Lega.
Il decreto, a detta dei principali media, costituirebbe una copia fedele dei decreti precedentemente emanati per il salvataggio di Mps e per la messa in liquidazione delle Banche Venete.
Proviamo a ricomporre tutti i pezzi del puzzle effettuando un confronto sui testi dei provvedimenti governativi.
Facciamo un passo indietro e torniamo al 23 dicembre 2016, quando l’allora governo Gentiloni emanò il Decreto legge “Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio”, denominato in seguito decreto “salvarisparmio”. In quell’occasione, lo Stato destinò un fondo da 20 miliardi di euro in favore della ricapitalizzazione delle banche italiane.
Gli interventi da parte dello Stato volti al rafforzamento patrimoniale delle banche prevedevano l’acquisto azioni degli istituti per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell’ambito degli stress test.
Inoltre, era stata anche prevista la garanzia statale sulle passività di nuova emissione. La garanzia ha l’obiettivo di sostenere la capacità di raccolta delle banche, agevolando l’emissione di nuovi titoli.
Il 30 dicembre 2016, MPS presentò richiesta di ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato. Dopo mesi di trattative, a luglio 2017 la Commissione Ue approvò la richiesta di aiuti di Stato per 5,4 miliardi di euro ai fini della ricapitalizzazione precauzionale di Mps. Di fatto, lo Stato intervenne direttamente divenendo il maggior azionista della banca senese.
A giugno 2017, venne emanato il decreto per la messa in liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza e Veneto banca.
I crediti deteriorati delle banche furono separati in una Bad Bank, mentre i crediti “in bonis” ceduti a Banca Intesa che ricevette per questa operazione 4,8 miliardi di euro dallo Stato.
In aggiunta, lo Stato fornì 12,3 miliardi sotto forma di garanzie, risorse che non è ancora possibile sapere se dovranno essere impiegate o meno.
Gli effetti diretti sul deficit di bilancio derivante dalle operazioni Mps-Banche venete ammontarono alla cifra complessiva di 10,2 miliardi di euro.
L’8 gennaio 2019, entra in vigore il Decreto Legge “Misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.p.a. – Cassa di risparmio di Genova e Imperia”.
Per Carige, lo Stato ha previsto una garanzia incondizionata e irrevocabile su passività di nuova emissione fino a 3 miliardi di euro e un programma di interventi di rafforzamento patrimoniale.
Nel Decreto Carige, si legge che il Tesoro “è autorizzato a sottoscrivere, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, azioni emesse da Banca Carige”.
Così come accaduto per Mps e Intesa nel caso delle banche venete, il Governo ha nuovamente aperto le porte all’intervento pubblico per salvare una banca. Rispetto ai precedenti Decreti dunque non è cambiato granché, tranne per l’esborso finanziario statale. Per Carige, lo Stato ha istituito un Fondo con una dotazione di 1,3 miliardi di euro per l’anno 2019 destinato alla copertura degli oneri derivanti dalle operazioni di sottoscrizione di azioni effettuate per il rafforzamento patrimoniale.
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