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La parola spread è ormai entrata a tutti gli effetti nel nostro vocabolario quotidiano. Non esiste notiziario, quotidiano o blog che ogni giorno non ne faccia menzione.
In questo articolo daremo una misura chiara del costo dello spread, e cioè quanto potrà pesare per le tasche dello Stato, dei cittadini e delle banche.
Lo spread Btp-Bund, ricordiamolo ancora una volta, indica la differenza di rendimento che c’è il titolo decennale italiano e il decennale tedesco.
Questa differenza si misura in punti base e identifica il cosiddetto termometro del rischio percepito di un Paese sui mercati finanziari.
Ad esempio, se lo spread è di 250 punti base, allora il Btp italiano mostra un tasso di interesse del 2,5% maggiore rispetto al Bund tedesco. In poche parole, l’Italia dovrà pagare un tasso del 2,5% più alto rispetto a quello applicato alla Germania.
Quindi questo spread quanto ci costa davvero?
Come detto prima, l’aumento dello spread per lo Stato italiano rende più oneroso finanziarsi sul mercato e rimborsare i creditori. Ogni anno, lo Stato italiano paga degli interessi sul debito pubblico in circolazione, che nel 2017 ammontavano circa 65 miliardi di euro e nel 2018 si dovrebbero attestare a 67 miliardi.
Quale impatto avrà l’aumento spread sulla crescita della spesa per interessi nel 2019?
Su questo punto, va fatta chiarezza. La crescita dello spread non si riflette sui titoli in circolazione (mercato secondario) ma soltanto sulle nuove aste dei titoli di Stato (mercato primario). Il motivo è abbastanza intuitivo.
Per i titoli in circolazione, che ammontano a circa 1.900 miliardi di euro, l’Italia si è già impegnata ad offrire un tasso di interesse fisso o in alcuni casi variabile ma legato all’inflazione. Alla scadenza, lo Stato ripagherà alla pari il valore facciale dei titoli.
Discorso a parte invece va fatto per i titoli che dovranno essere emessi nel prossimo anno. Su questi, l’Italia dovrà per forza pagare un tasso di interesse più alto (almeno pari a quello in vigore sul mercato secondario) per incentivare i partecipanti in asta a sottoscriverne l’acquisto.
A tal riguardo, nel 2019 il Tesoro prevede un ricorso al mercato di circa 300 miliardi, tra titoli da rinnovare alla scadenza (275 miliardi) ed emissioni addizionali (25 miliardi).
Secondo le stime fatte dall’economista Carlo Cottarelli, uno spread che viaggia a circa 300 punti base può costare fino a 5,1 miliardi di euro in più sulla spesa per interessi nel 2019.
I 5,1 miliardi di euro in più, stimati da Cottarelli, equivalgono allo 0,6% del totale della spesa pubblica italiana (840 miliardi).
Le famiglie e le imprese italiane si domandano se la crescita dello spread possa avere impatti negativi sul costo dei mutui e dei prestiti. Avevamo già parlato delle conseguenze per le famiglie e imprese non finanziarie determinate dalla crescita dello spread. Per approfondire ti rimandiamo a questo articolo.
Vale la pena ribadire che lo spread non ha effetto sui mutui e sui prestiti a tasso fisso già in vigore. Quindi, su questo fronte le famiglie possono dormire sonni tranquilli. E anche sui mutui a tasso variabile, abbiamo dimostrato che lo spread non è legato direttamente al tasso di riferimento (Euribor).
Lo spread Btp-Bund invece può far aumentare il margine di interesse, che si chiama spread ma è diverso da quello di cui stiamo parlando, applicato dalle banche sui mutui e sui prestiti di nuova emissione.
Secondo un servizio andato in onda su Sky Tg 24 e poi ripreso dal quotidiano La Stampa, alcune banche hanno mostrato rialzi nel costo dei mutui nell’ordine dello 0,05-0,2%.
In soldoni, un aumento dello 0,2% in un mutuo da 100mila euro a 20 anni può costare fino a 2.400 euro in più rispetto alle attuali condizioni.
Tuttavia, come sottolineato dall’ABI nell’ultimo bollettino mensile, in Italia si vive un periodo di tassi di interessi sui mutui e sui prestiti ai minimi storici.
A tal proposito, si riporta il grafico dei tassi di interesse medi applicati dalle banche sui mutui e sui prestiti alle imprese non finanziarie. I dati sono tratti dalla banca dati della Bce.
Il settore che più di ogni altro subisce gli aumenti dello spread è senza dubbio quello bancario. Per comprendere il costo dello spread è necessario però conoscere quanti Btp e titoli di Stato italiani hanno le banche italiane in portafoglio.
Ricordiamo tra l’altro che quando si detiene un titolo di Stato, l’aumento di rendimento ne abbassa il prezzo (e quindi il valore).
Stando ai dati più recenti di Bankitalia, il peso dei titoli di Stato italiani sui bilanci delle banche vale 364 miliardi. Questa somma corrisponde a poco meno del 10% delle attività totali del sistema bancario nazionale, pari a circa 3.700 miliardi di euro.
Per questo motivo, l’aumento del differenziale Btp-Bund ha falcidiato la capitalizzazione in Borsa delle banche italiane, che nel 2018 hanno perso mediamente il 25%.
Tuttavia, gli istituti italiani rimangono ben capitalizzati e lo dimostrano gli Stress Test condotti di recente dalla Bce. Infatti, i requisiti patrimoniali delle principali banche italiane si mantengono ben al di sopra del minimo consentito. Il CET1 ratio medio è pari a circa il 13% rispetto ad un valore minimo dell’8%.
Infine, secondo una ricerca di Intermonte SIM, le banche italiane sarebbero in grado di assorbire uno spread fino a 400 punti base senza ulteriori aumenti di capitale.
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