Almeno una volta nella vita, ti sarai chiesto quale significato assume il termine “benchmark” in ambito finanziario. Tante volte, invece, ti sarai sicuramente domandato se i risultati del tuo investimento sono in linea con quelli del mercato in cui stai investendo.
In finanza, il benchmark assolve la funzione di parametro oggettivo di riferimento per la valutazione di un fondo comune di investimento.
Esso viene elaborato da società specializzate e deve possedere alcune caratteristiche ben precise:
Trasparenza: essere calcolato con regole note all’investitore allo scopo di tenere traccia dei cambiamenti nella sua composizione.
Rappresentatività: essere rappresentativo delle politiche di gestione del portafoglio in modo da agevolare gli investitori nella scelta del profilo rischio-rendimento desiderato.
Replicabilità: essere completamente replicabile con attività acquistabili direttamente sui mercati finanziari al fine di garantire una realistica misura di performance.
Come si sceglie un benchmark?
All’interno del Regolamento del fondo, il gestore determina il benchmark che meglio identifica la politica di gestione del fondo.
Il benchmark è comunemente rappresentato da un indice di Borsa o da una composizione di indici finanziari che forniscono informazioni utili circa sulle caratteristiche geografiche e/o settoriali del portafoglio del fondo.
Ad esempio, l’indice FTSE Mib può essere considerato il benchmark di un fondo azionario che investe nei titoli a più alta capitalizzazione del mercato italiano. Allo stesso modo, l’indice S&P500 può essere utilizzato per i fondi azionari americani e l’indice MSCI World per quelli globali.
Qual è l’utilità del benchmark per l’investitore?
Il benchmark fornisce chiare indicazioni sulla natura del singolo fondo d’investimento. Grazie al benchmark, gli investitori dispongono di uno strumento oggettivo e trasparente per comprendere il rischio tipico del mercato in cui il fondo investe e valutare se tale rischio è in linea con le proprie prerogative.
La presenza di un benchmark rafforza dunque il rapporto tra il gestore e l’investitore favorendo scelte d’investimento più consapevoli. Il benchmark non è comunque un elemento indispensabile per la scelta di un fondo comune. I fondi flessibili, ad esempio, che dotano il gestore della massima flessibilità nel gestire il portafoglio, sono infatti difficilmente confrontabili con un benchmark prestabilito.
É sempre possibile confrontare le perfomance di un fondo con quelle del benchmark?
Il benchmark può essere utilizzato per un confronto con le performance ottenute dal fondo. Tuttavia, questa possibilità va assunta con le dovute cautele.
Per confrontare le performance di un fondo con del benchmark, è doveroso infatti assumere un orizzonte temporale di medio lungo termine.
Su periodi inferiori all’anno, le differenze di rendimento tra un fondo e il benchmark possono essere assolutamente casuali e pertanto prive di significato.
Occorre, inoltre, tenere a mente che il benchmark non prevede una reale gestione di portafoglio come quella che avviene quotidianamente in un fondo comune d’investimento. Pertanto, nelle performance del benchmark non vengono computati alcuni costi che il gestore sostiene nella sua attività. Tali costi sono legati alla negoziazione dei titoli e possono riguardare servizi di consulenza o di rendicontazione rivolti all’investitore.
Le performance inoltre, non sono l’unico criterio per confrontare un fondo con il benchmark. Esistono infatti altri parametri qualitativi, come la qualità dell’informazione e della consulenza nella scelta dei prodotti di investimento, che possono essere utilizzati per un confronto più efficace.
Il benchmark è in grado di comunicare lo stile di gestione?
Il benchmark non fornisce un’ indicazione precisa sullo stile di gestione di un fondo comune.
Il gestore del fondo può, infatti, decidere di discostarsi in modo esplicito dalla composizione del benchmark seguendo una linea di gestione “attiva”. In questo caso, l’obiettivo del gestore è quello di cogliere le migliori opportunità sul mercato offrendo un servizio di gestione dinamico e orientato a battere il benchmark.
Viceversa, in una gestione “passiva”, il gestore sceglie di replicare fedelmente la composizione di portafoglio del benchmark uguagliando le sue perfomance.
Preferiamo non dilungarci troppo in un confronto tra i due stili di gestione, ma piuttosto sottolineare l’importanza della comunicazione nel rapporto tra gestore e cliente. E’ opportuno infatti chiarire al cliente quale rilevanza possiede il benchmark in ogni fondo e quali differenze possono sorgere nel profilo rischio-rendimento tra i due portafogli.
Insomma, il confronto con il benchmark su un orizzonte temporale rilevante, è un buon metro di giudizio (ma non l’unico) per valutare la bontà di un fondo comune d’investimento. Se il fondo considerato ha registrato un andamento costantemente sotto benchmark o alla pari, è opportuno chiedersi quale sia il valore aggiunto che offre. Viceversa, occorrerebbe chiedersi che tipo di caratteristiche presenta il benchmark e che tipo di rischi ha dovuto affrontare il fondo per batterlo.
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