Viviamo in un clima di alta tensione all’interno del settore bancario, non solo per le problematiche che affliggono il settore, ma anche per la possibilità di un inasprimento delle norme regolamentari da parte del Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria*. Prima di far luce su quali potrebbero essere le presunte conseguenze di questa notizia, facciamo un passo indietro per capire le principali motivazioni di fondo. Dopo la crisi dei subprime e i fallimenti bancari del 2008-2014, il sistema bancario è stato messo con le spalle al muro dai provvedimenti di Basilea II e III, dall’introduzione del Meccanismo Unico di Vigilanza, dal Sistema di risoluzione delle crisi ed infine dalla normativa sul Bail-in. Per evitare di ripiombare in scenari di default, il processo di regolamentazione bancaria si è mosso di pari passo con la necessità di ricapitalizzare gli istituti e cioè renderli più solidi dal punto di vista patrimoniale.
Chi fissa le regole per le banche?
A monte si colloca il Comitato di Basiela per la Vigilanza Bancaria, l’organismo internazionale che ha lo scopo di rafforzare la sicurezza e l’affidabilità del sistema finanziario, promuovere le migliori pratiche bancarie e di vigilanza garantendone la cooperazione fra Paesi. Di norma, però, il Comitato di Basilea non ha capacità regolamentare autonoma ma, nella prassi le sue linee guida hanno trovato piena corrispondenza nelle fonti normative emanate dai singoli Stati.
Con l’attuazione degli Accordi di Basilea II e III, alle banche e agli istituti di credito è stata richiesta una crescente capacità di accantonare capitale sufficiente per coprire perdite inattese e rimanere solvibili in situazione di crisi. In pratica, le banche e le imprese creditizie hanno l’obbligo sia di detenere un importo di capitale pari ad almeno l’8% delle loro attività ponderate per il rischio, che di accantonare la liquidità necessaria per far fronte ad un periodo di stress della durata di 30 giorni. Addizionali accantonamenti di capitale sono previsti per contrastare gli effetti del ciclo economico sulle attività di prestito e per far fronte a possibili rischi sistemici. Basilea ha cercato di limitare la prassi aggressiva degli istituti di credito del “credito facile”, puntando sul rafforzamento patrimoniale per garantire la loro solidità. Tuttavia, a suonare un nuovo campanello d’allarme sono state le vicende inerenti i crediti deteriorati e le voci sugli stress test. Infatti, da alcune settimane, il Comitato sta valutando l’idea di riscrivere le regole prudenziali sul credito introducendo un nuovo set di riforme sotto il nome di Basilea IV, un’ipotesi che è stata osteggiata dalle associazioni bancarie di tutto il mondo. A tale proposito, con Basilea II e III sono a discrezione dei singoli istuti bancari le decisioni in merito ai modelli di rating interni. Infatti, Basilea IV punta il dito contro gli attuali approcci flessibili e regolati sulle singole attività di valutazione dei rischi creditizi adottati “internamente”dalle banche. Secondo il Comitato, non solo si è sottostimato il rischio sull’affidabilità della controparte ma, si è creata una variabilità di valutazione tra gli istituti che non giova di certo alla certezza e attendibilità dell’impianto regolamentare. Quindi, il monito lanciato dal Comitato è stato quello di passare da modelli di rating interni ad un approccio standardizzato applicabile in ogni circostanza. Le principali banche di tutto il mondo hanno reagito all’unisono contro l’eventualità di introdurre Basilea IV. Gli istituti temono che dietro la questione del metro di valutazione dei rischi si possano celare nuovi inasprimenti sui requisiti prudenziali, compromettendo i margini già sufficientemente rosicati dall’effetto dei tassi a zero. Vi sarebbe inoltre un robusto dispendio di risorse e di costi organizzativi dovuti dall’esecuzione del nuovo impianto normativo, con evidenti ricadute negative in termini di redditività. L’impatto di un’eventuale Basilea IV, così delineata, potrebbe danneggiare in particolar modo gli istituti nostrani che concedono credito a piccole e medie imprese prive di rating aziendale, che potrebbero così subire uno stop ai finanziamenti. In tale circostanza, infatti, le banche sarebbero costrette ad assorbire quantità di patrimonio ben più alte rispetto al passato, mettendo a dura prova la convenienza stessa della concessione del prestito. Da un lato i governi nazionali chiedono a gran voce di differenziare l’impatto delle nuove regole per le diverse aree del mondo e di limitare l’adozione di provvedimenti regolamentari restrittivi in un contesto macroeconomico tutt’altro che roseo. Da un altro le banche invocano una tregua di qualche anno al fine di avere la stabilità necessaria per attuare programmi aziendali di investimento e di rafforzamento patrimoniale.
In un momento nel quale si dovrebbe favorire la ripresa del credito verso l’economia reale, l’eccessiva regolamentazione bancaria potrebbe vanificare gli sforzi di espansione monetaria compiuti dalla BCE, intralciando le prospettive di ripresa dell’economia globale. Occorre attendere qualche settimana, fino a quando il Comitato di Basilea si riunirà a Francoforte con la BCE per capire se esistono gli estremi di una nuova riforma.
*Il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, è un organo consultivo internazionale, istituito nel 1974 dalle banche centrali dei paesi del G10.