Che atteggiamento dovrebbe avere il risparmiatore verso il mercato azionario?
Le risposte a questa domanda sono talvolta schizofreniche e oscillano tra chi raccomanda in modo risoluto di starne alla larga e chi con altrettanta sicurezza suggerisce di investirvi una porzione rilevante di quanto messo da parte: talvolta, per i più giovani, fino alla totalità o quasi dei propri risparmi.
La prima argomentazione parte dal presupposto che il risparmiatore, perché poco competetene, può essere travolto dal mercato. Non conoscendone le proprietà può facilmente farsi prendere da euforia e lasciarsi trascinare dentro il mercato nel momento sbagliato – quando le quotazioni sono al massimo o giù di lì, e stanno quindi per crollare. Può farsi poi prendere dal panico e liquidare l’investimento proprio dopo il crollo delle quotazioni. Comprare alto – e provare l’ebbrezza dell’euforia – e vendere basso per rintuzzare la paura, è la ricetta per la rovina.
La seconda affermazione su cosa è bene, trova fondamento invece nell’idea che il risparmiatore agisce con sufficiente razionalità e non deve lasciarsi scappare l’opportunità di investire in uno strumento – un portafoglio di titoli azionari – che in media rende molto di più che tenere i soldi sotto il materasso o anche investirli in un titolo “sicuro” e per questo poco remunerativo.
Se investe un euro in un titolo del debito pubblico dopo 40 anni se va bene ottiene 2 euro; investendolo in borsa e reinvestendo i dividendi anno dopo anno, quell’euro può fruttare 22 euro. Difficile, e per molti versi insensato, rinunciare a questa possibilità di guadagno.
Se il risparmiatore è effettivamente del primo tipo, è meglio che stia lontano dal mercato. In effetti, chi è consapevole dei propri limiti e anticipa il tremore che lo potrebbe assalire vedendo i suoi risparmi perder di valore giorno dopo giorno se il mercato dovesse crollare, razionalmente può decidere di rimanere fuori: rinuncia al premio di rendimento che le azioni offrono per la tranquillità dell’animo. E’ una scelta onerosa, pari alla differenza tra 22 e 2 euro per ogni euro investito su un arco di 40 anni.
C’è un rimedio? La soluzione è quella di affidarsi a un gestore esperto che decide per lui come investire e quando comprare e vendere.
Costa, perché la gestione assorbe tempo e va compensata, ma libera dall’ansia e consente di guadagnare più di quanto il risparmiatore guadagnerebbe eliminando l’ansia stando fuori dal mercato. I 22 euro dopo quarant’anni potrebbero ridursi a 10 se si paga una commissione del 2%. Pur sempre parecchio di più dei 2 euro se si investe nel titolo “sicuro”. E si ridurrebbero solo a 15 se, con un po’ di attenzione, si scegliesse un fondo con una commissione dell’1 per cento.
E se il risparmiatore è del secondo tipo? Se si attiene alla regola di cui sopra, ignorando le oscillazioni del mercato e reinvestendo regolarmente i dividendi, alla fine incasserà i 22 euro per ogni euro investito. Ma c’è un rischio: può farsi prendere dalla tentazione di strafare.
Anziché ignorare le numerose oscillazioni del mercato, può pensare di cavalcarle.
Se conoscesse con precisione il valore dell’indice di borsa nel mese successivo, all’inizio del mese potrebbe investire tutto in borsa se sa che l’indice sale e investire tutto in un conto corrente se sa che scende. Se seguisse questa strategia, dopo 40 anni un euro diventerebbe 1900 euro; investendo 50 mila euro alla fine dei quaranta anni raccoglierebbe 95 milioni! Con questi numeri, anziché ignorare le fluttuazioni dei prezzi di borsa e raccogliere pazientemente i dividendi, può cadere nella tentazione di credere di sapere dove va il mercato e cavalcarlo. Ma è una pia illusione perché è più facile prevedere il prossimo passo di un ubriaco che l’indice azionario fra un mese. I 50 mila euro verrebbero presto sperperati in commissioni di transazione.
Di questi aspetti e di come affrontare e gestire le scelte più importanti che riguardano i propri soldi, abbiamo parlato in una puntata de “La verità vi prego sul denaro. Talk”. Trovate qui tutti i video e i talk.