Una sentenza del Tribunale di Milano ha imposto la sospensione di UberPop. In molti hanno visto nella vicenda il tentativo di difendere lo status quo da un’innovazione che evidentemente rischia di ridisegnare gli equilibri attuali.
Uber, la app che permette di prenotare con pochi click un’automobile con autista e di pagare il servizio direttamente dallo smartphone, si sta rapidamente diffondendo nel mondo forte della semplicità di utilizzo, della possibilità di scegliere a priori l’autista e il passeggero in base alle valutazioni di altri utenti e dei costi inferiori rispetto ad un servizio di taxi tradizionale, soprattutto nella versione del servizio UberPop. Proprio questo servizio è da mesi al centro di critiche da parte dei tassisti che lamentano la concorrenza sleale, perché UberPop compete sul loro mercato ma con una struttura di costi molto più snella che si traduce quindi in tariffe notevolmente inferiori a quelle applicate dai taxi.
Prescindendo dai tecnicismi della questione, Uber ha sfruttato un’opportunità offerta dalla tecnologia, la diffusione degli smartphone, proponendo ai consumatori un servizio più facilmente accessibile e a prezzi inferiori. L’arrivo sul mercato di questi nuovi attori (che siano Uber o chi per lui) pone evidentemente delle sfide a chi già operava su quel mercato e ai regolatori. I primi dovranno rinnovarsi aumentando la qualità del servizio e l’esperienza d’uso per l’utente e riducendo i costi, mentre andrà ripensata la regolamentazione del settore che per anni ha alimentato barriere all’entrata, limitando la concorrenza e tutelando gli operatori, anche a discapito dei consumatori.
La mobilità “smart” è apparentemente un tema lontano da quelli trattati solitamente da questo sito. La vicenda è però emblematica di una dinamica che sta interessando diversi settori: l’introduzione di innovazioni che mettono in discussione lo status quo, abbassando i costi per l’utente finale, offrendo una migliore fruizione del servizio e imponendo un cambiamento agli altri attori del mercato e ai regolatori. Qualcosa di simile è accaduto in passato con la possibilità per i consumatori di scegliere e acquistare in autonomia su internet viaggi e alberghi, costringendo le agenzie viaggi a fornire maggior valore aggiunto rispetto a questo servizio base, oppure con servizi di telefonate e messaggistica online, quali Skype e Whatsapp, che hanno fortemente compresso la quota di mercato per chi offriva quei servizi in maniera tradizionale, grazie ad un costo per l’utente enormemente inferiore.
Un altro settore fortemente interessato da un’ondata di innovazioni potenzialmente epocali è quello dei servizi finanziari. Dai sistemi di pagamento, a piattaforme che emettono prestiti fino a servizi di investimento, continuano a nascere società che offrono servizi, tradizionalmente proposti o intermediati dal sistema bancario, sfruttando lo spazio creato dalla tecnologia per abbassare i costi e migliorare il servizio. Se queste realtà sono ad oggi troppo limitate, soprattutto in Italia, per costituire una minaccia per il sistema bancario, rappresentano in prospettiva la naturale evoluzione del settore. Concentrandoci sul mondo del risparmio gestito, a noi più familiare, la possibilità per qualsiasi risparmiatore di acquistare fondi comuni di investimento direttamente via internet o tramite una app, risparmiando notevolmente sui costi di gestione annui pone le banche nella condizione di scegliere se opporsi (molto probabilmente invano) al cambiamento oppure accettarlo e focalizzarsi su quei servizi dove possono fornire valore aggiunto, come una continuativa e attenta attività di consulenza.
Dal punto di vista del consumatore l’avvento di queste innovazioni è estremamente favorevole perché allarga la scelta, riduce i costi e migliora la qualità complessiva del servizio. L’altra buona notizia è che questo processo è un dato di fatto, si accompagna all’evoluzione tecnologica in corso e non è arrestabile nella misura in cui favorisce il consumatore o il risparmiatore.