Il Governatore della BCE, Mario Draghi, ha annunciato un piano di acquisto di titoli per l’ammontare di 1100 miliardi di euro, suscitando gli entusiasmi dei commentatori e dei mercati. Proviamo qui a fare un passo indietro e a chiarire cos’è un’operazione di Quantitative Easing, e vediamo, nei limiti del possibile, quali sono gli effetti per i risparmiatori.
Quando un’economia è in crescita la banca centrale può aumentare il tasso di interesse per evitare un surriscaldarsi del sistema economico, soprattutto in termini di un incontrollato aumento dei prezzi. Viceversa, la banca centrale può diminuire il tasso di interesse per supportare l’economia nei momenti di difficoltà. Si tratta delle cosiddette politiche monetarie convenzionali.
Ci si può però trovare in una situazione in cui non è più possibile agire sulla leva dei tassi di interesse. Se questi sono molto vicini allo zero un ulteriore taglio potrebbe risultare privo di efficacia nell’influenzare le aspettative degli operatori. In questi casi i banchieri centrali possono ricorrere a politiche monetarie non convenzionali: azioni volte ad aumentare la liquidità sul mercato e a sostenere le aspettative di inflazione senza ricorrere ad un taglio dei tassi di interesse. Tali operazioni avvengono tramite l’acquisto di titoli da parte della stessa banca centrale e sono note come azioni di Quantitative Easing (QE), letteralmente allentamento quantitativo.
Acquistando titoli sul mercato, la banca centrale allarga il proprio bilancio e aumenta la liquidità a disposizione del sistema economico. Gli effetti di un’operazione di QE sono diversi e non facilmente prevedibili. In linea teorica, il fatto che la banca centrale acquisti titoli dalle banche facilita l’accesso al credito da parte di imprese e consumatori, grazie a una riduzione dei tassi di interesse, con conseguente ripresa di investimenti e consumi. Altri effetti rilevanti possono essere la svalutazione del tasso di cambio, che favorisce i settori esportatori, e la ripresa delle aspettative di inflazione. Negli anni recenti la FED, la banca centrale americana, ha portato avanti diversi interventi di QE, acquistando titoli di Stato americani e titoli privati e legati al mercato immobiliare. Non si può probabilmente ricondurre la resilienza dell’economia americana dopo la crisi ai soli interventi di politica monetaria ma è indubbio il fatto che questa abbia giocato un ruolo rilevante.
Dopo diversi tentennamenti, annunci e rimandi, anche la banca centrale europea ha messo in campo un’operazione di Quantitative Easing. La BCE si è impegnata a comprare 60 miliardi di euro al mese tra titoli di stato, di agenzie e di istituzioni internazionali, e crediti cartolarizzati (ABS) e garantiti (covered bond). Gli acquisti andranno avanti fino a settembre 2016 o comunque fino a quando le aspettative di inflazione non saranno in linea con il target della banca centrale, di un’inflazione inferiore ma vicina al 2%. La dimensione dell’intervento potrebbe quindi essere di circa 1.100 miliardi di euro di acquisti.
Non entriamo qui nei dettagli del piano presentato dalla BCE ma per chi fosse interessato consigliamo questo approfondimento. In generale, è difficile stabilire se l’implementazione del QE possa essere efficace nel riportare un barlume di ripresa sull’economia italiana. L’impressione è che la politica monetaria possa essere una valida gamba della ripresa, ma sarà necessario affiancare politiche fiscali espansive che fino ad oggi non si sono viste. Per l’Italia è inoltre particolarmente importante affrontare il tema dell’enorme debito pubblico, che assorbe gran parte degli sforzi fiscali fatti in questi anni.
Dal punto di vista del risparmiatore è importante provare a chiedersi quali potrebbero essere gli effetti dell’imminente Quantitative Easing sui principali strumenti di risparmio e investimento. Il QE dovrebbe spingere al rialzo i prezzi dei titoli oggetto del programma, principalmente titoli di stato, e quindi schiacciarne ulteriormente i rendimenti. Questa dinamica ha un forte impatto sui patrimoni degli italiani, storicamente propensi al risparmio ma molto poco propensi al rischio. Il risparmiatore italiano a strumenti più rischiosi predilige infatti i conti deposito, i titoli di Stato o i buoni fruttiferi, se non addirittura una ampia quota di liquidità sul conto corrente. Se i tassi dovessero ridursi ancora, questi prodotti finanziari sarebbero messi alle strette, non riuscendo più a offrire ai sottoscrittori rendimenti reali soddisfacenti. Più favoriti risultano invece essere strumenti tradizionalmente meno presenti nei portafogli degli italiani, quali i fondi azionari o quelli esposti anche su altre valute. L’allocazione del portafoglio deve sempre seguire criteri di diversificazione e deve rispondere alle preferenze di rischio e rendimento di ognuno. È impossibile inoltre sapere esattamente quale sarà l’effetto del QE sui mercati finanziari, e ancora di più sull’economia reale, però sarà importante per i risparmiatori fare un checkup sui propri portafogli ed essere pronti a compiere scelte, anche diverse da quelle a cui si è tradizionalmente abituati.