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Un nuovo inizio per l’UE?

Oggi la Commissione europea adotterà i testi legislativi per la proposta del piano di investimenti da 315 miliardi di euro, voluto dal neo presidente Jean Claude Juncker e caldamente appoggiato dall’Italia. Se passerà senza correzioni, il progetto potrebbe rappresentare un svolta per la politica di bilancio europea, da cui l’Italia non può che trarne beneficio.

di Flavio Talarico - 13 Gennaio 2015 - 7'

Oggi la Commissione europea adotterà i testi legislativi per la proposta del piano di investimenti da 315 miliardi di euro, voluto dal neo presidente Jean Claude Juncker e caldamente appoggiato dall’Italia. Se passerà senza correzioni, il progetto potrebbe rappresentare un svolta per la politica di bilancio europea, da cui l’Italia non può che trarne beneficio.

Quali sono gli obiettivi di questo progetto?

L’obiettivo principale del piano Juncker consiste nel mobilitare entro la fine del 2017 almeno 315 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati verso l’economia reale. Il progetto, stando al testo del piano, permetterà di raggiungere tre obiettivi strategici:

  • Invertire la tendenza al calo degli investimenti e contribuire al rilancio della creazione di posti di lavoro e della ripresa economica, senza gravare sulle finanze pubbliche nazionali o aumentare il debito
  • Compiere un passo decisivo per migliorare la competitività dell’economia europea
  • Rafforzare la dimensione europea del capitale umano, della capacità produttiva comunitaria, nonché delle conoscenze e delle infrastrutture fisiche.

Ma in cosa si sostanzia il piano dell’ex primo ministro Lussemburghese e numero uno dell’Eurogruppo? Il progetto si basa su tre ‘filoni’: la creazione di un nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS); azioni mirate per garantire che gli investimenti arrivino all’economia reale; migliorare il contesto degli investimenti attraverso una revisione generalizzata della normativa in materia in modo da renderla più semplice, prevedibile e stabile.

Il cuore del pacchetto per rilanciare l’Eurozona è la creazione di un nuovo Fondo strategico per gli investimenti. Nelle intenzioni, questo fondo servirà a coprire il rischio associato agli investimenti a lungo termine e agevolerà l’accesso ai finanziamenti per le PMI e le imprese a media capitalizzazione, atraverso la mobilitazione di investimenti aggiuntivi, da fonti soprattutto private, ma anche pubbliche, in settori e aree specifiche: infrastrutture, in particolare la banda larga e le reti energetiche e in quelle di trasporto; nell’istruzione; nella ricerca e nell’innovazione; nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica.

Nell’ambito del bilancio Ue, s sostegno del fondo sarà costituita una garanzia di 16 miliardi di euro a cui si aggiungeranno 5 mld euro da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI), partner della Commissione in questo progetto.

Secondo le stime, il fondo potrebbe raggiungere un effetto moltiplicatore complessivo di 1:15 in termini di investimenti nell’economia reale grazie alla sua capacità di rischio iniziale, che consentirà di offrire finanziamenti aggiuntivi e di attirare un maggior numero di investitori. Questo significa che un euro di copertura del rischio da parte del fondo può generare in media 15 euro di investimenti nell’economia reale che altrimenti non sarebbero stati realizzati.

In sintesi, se sarà creato rapidamente con un contributo iniziale di 21 miliardi di euro a livello di UE, il fondo potrebbe mobilitare circa 315 miliardi di euro di finanziamenti aggiuntivi nell’arco di tre anni. Il fondo contribuirà inoltre a sostenere il finanziamento del rischio per le PMI e le imprese a media capitalizzazione. Questo dovrebbe aiutarle a superare la carenza di capitali mediante un aumento degli investimenti diretti in capitale proprio e garanzie supplementari per una cartolarizzazione di elevata qualità dei prestiti alle PMI. Secondo il progetto, “un modo efficace per far ripartire la crescita e l’occupazione, specie quella giovanile”.

Il secondo filone del piano consiste nell’intraprendere iniziative mirate per garantire che i finanziamenti aggiuntivi a favore degli investimenti generati soddisfino i bisogni dell’economia reale. Questo significa utilizzare i fondi aggiuntivi pubblici e privati per progetti redditizi con un reale valore aggiunto per l’economia europea. L’obiettivo principale di questo filone è introdurre un approccio sostanzialmente nuovo alla selezione e alla preparazione dei progetti di investimento in Europa migliorando il modo in cui gli investitori privati e le autorità pubbliche accedono alle informazioni sui progetti di investimento.

Il terzo filone del piano consiste nell’aumentare la prevedibilità della normativa, nel rimuovere gli ostacoli agli investimenti in tutta Europa e nel rafforzare ulteriormente il mercato unico creando condizioni quadro ottimali per gli investimenti in Europa. Per Juncker, occorre un quadro normativo semplice, chiaro, prevedibile e stabile per incentivare gli investimenti a lungo termine. Viene quindi riconosciuto il lento e non univoco processo di riduzione degli oneri amministrativi e di semplificazione normativa che pone problemi soprattutto alle PMI, vera e propria spina dorsale dell’economia europea. L’obiettivo, quindi, non è tanto deregolamentare, quanto adottare una regolamentazione ‘’intelligente’’ a vantaggio dei cittadini e delle imprese. Sarà fondamentale creare condizioni più favorevoli alla crescita per garantire che i progetti di investimento possano svilupparsi e che i fondi spesi per investimenti strategici, nell’ambito e al di fuori del presente piano, siano utilizzati in modo efficace.

Il piano è un primo passo verso una nuova direzione, non un’azione ‘’una tantum’, ma ‘’un’offensiva sugli investimenti’’ da realizzare nei prossimi tre anni secondo la tabella qui riportata.

Perché un piano di investimenti? A causa della crisi economica e finanziaria, gli investimenti nell’UE hanno registrato un calo significativo pari al 15% circa rispetto al picco del 2007. Solo in Italia il calo degli investimenti è pari a -25%. Questa evoluzione incide negativamente sulla ripresa economica, sulla creazione di posti di lavoro, sulla crescita a lungo termine e sulla competitività.

Basterà? Come riconosciuto dallo stesso Juncker, ‘’non esiste una risposta semplice o unica’’, soprattutto in un contesto in cui i margini di manovra sono limitati dall’incertezza generale sulla situazione economica, dagli elevati livelli di debito pubblico e privato e dalla loro incidenza sul rischio di credito.

Allo stesso tempo, tuttavia, i livelli di risparmio sono elevati e a differenza di qualche anno fa esistono volumi di liquidità finanziaria che possono essere mobilitati. La sfida, dunque, è utilizzare in modo produttivo il risparmio e la liquidità finanziaria per sostenere un’occupazione e una crescita sostenibile in Europa.

Il titolo del programma politico di Juncker durante la campagna elettorale era ‘’Un nuovo inizio’’. A questo si accompagnava il motto scelto dal Parlamento europeo ‘’Questa volta è diverso’’. Sarà così? Non lo sappiamo, ma sicuramente il piano adottato oggi sembra, quantomeno, tracciare un percorso. Affinchè questo percorso porti agli obiettivi sperati, sarà però necessario, come sottolineato da Mario Draghi nell’agosto scorso, intervenire contemporaneamente sia sul lato della domanda sia su quello dell’offerta.

Servirà fiducia nel contesto economico globale e nel potenziale economico degli investimenti, prevedibilità e chiarezza nella definizione delle politiche e del quadro normativo e un uso efficace delle scarse risorse pubbliche a disposizione. Su questo punto si giocherà la sfida dell’Italia. Se il governo riuscirà, anche grazie al piano Juncker, a dare priorità nel bilancio nazionale alla spesa per investimenti e alla crescita, utilizzando al meglio i fondi europei e creare un contesto favorevole agli investimenti privati, allora, forse, questa volta sarà diverso e sarà davvero un nuovo inizio.

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