Cosa c’è di più affidabile dei cari e vecchi prodotti delle Poste Italiane? Questa convinzione radicata in molte famiglie italiane sembra oggi messa in discussione. La Consob, autorità italiana che tutela gli investitori e l’efficienza e trasparenza del mercato, ha concluso una lunga investigazione su Poste Italiane, al termine della quale ha rilevato forti conflitti di interesse nella distribuzione dei prodotti, a discapito dei risparmiatori.
Tra il 2011 e il 2013, la ricchezza delle famiglie affidata alla Poste è passata da 326 miliardi di euro a 350 miliardi, fra strumenti finanziari e conti correnti. Al raggiungimento di questo risultato hanno contribuito diversi fattori, quali la diffusione degli sportelli postali sul territorio, molto più capillare di qualsiasi istituto bancario, e la percezione di Poste Italiane come un interlocutore sicuro, trasparente e affidabile per quanto riguarda la gestione del denaro. Questa fiducia sembra però essere stata mal riposta. Nel procedimento 20638/14 del 8 agosto 2014, Consob evidenzia pratiche di vendita di prodotti di risparmio finalizzate al raggiungimento di obiettivi aziendali piuttosto che basate sull’individuazione degli strumenti finanziari più adatti a ogni cliente. Questo enorme conflitto di interessi ha portato a una totale decorrelazione tra la clientela e i prodotti collocati. Consob rivela che il 91% della clientela in possesso della licenza media rientra tra quelli a cui potrebbero essere venduti i prodotti più rischiosi e complessi. Allo stesso modo si riscontra che l’80% dei clienti ultrasettantenni ha un orizzonte di investimento superiore ai 7 anni. Sembrerebbe che la clientela delle Poste sia in realtà estremamente propensa al rischio (e ottimista sulla propria speranza di vita) e con una buona preparazione finanziaria. Questa fotografia confligge però con i dati circa i sottoscrittori delle Poste (almeno per quanto riguarda i Buoni fruttiferi), che sono diffusi in maniera più che proporzionale tra i cittadini con un reddito medio-basso, un grado di istruzione contenuto, e soprattutto nei centri urbani più piccoli. Sempre Consob rileva che dei 900 mila clienti, soltanto 330 mila sono stati profilati ai sensi della direttiva Mifid, la direttiva europea che obbliga chi vende prodotti finanziari a proporre strumenti coerenti con le esigenze di ognuno.
Al di là della specifica vicenda Bancoposta, che potrebbe rientrare se la nuova dirigenza riuscirà a portare avanti un cambiamento del modello di business, è importante fare alcune riflessioni di carattere più generale. Quanto è accaduto si può riassumere nel fatto che quando un cliente andava alle Poste per farsi aiutare a scegliere come gestire i propri soldi, il dipendente che trovava allo sportello sceglieva cosa proporgli facendo attenzione a vendere i prodotti che gli era stato detto di privilegiare. C’era un evidente conflitto di interessi. Il risparmiatore però, anche se spesso inconsapevolmente, stava pagando per un servizio di consulenza, che non riceveva. Nel costo di gestione annuo di ogni strumento finanziario venduto allo sportello una quota serve appunto a remunerare questo servizio. Viene proprio da dire, oltre al danno la beffa.
Come si può evitare di vedere i propri interessi calpestati?
Ecco alcuni semplici punti da tenere a mente:
- Acquistare solo prodotti che si capiscono. La complessità non è un valore per uno strumento finanziario, si possono raggiungere ottimi risultati con un semplice fondo comune obbligazionario o azionario senza ricorrere a prodotti che incorporano derivati o fondi immobiliari.
- Chiedersi per quanto tempo si vuole restare investiti e qual è la perdita che si è disposti a sopportare. Al diminuire di una qualsiasi di queste due variabili scegliere uno strumento meno rischioso.
- Evitare conflitti di interesse. Chiedersi sempre a chi conviene lo strumento che viene proposto, se a voi o a chi lo vende.
- Informarsi e confrontare prodotti diversi. Considerare diverse possibilità, in termini di costi, caratteristiche, prima di concludere un investimento.
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