Record per il risparmio gestito: con una raccolta ad agosto di 5,4 miliardi di euro, l’industria arriva a gestire un patrimonio complessivo di 1,270 miliardi, una cifra che non si vedeva dal 2005. Se da un lato il dato è positivo perché ci dice che gli italiani, in media, riescono a risparmiare, viene da chiedersi dove finiscano questi risparmi. Ancora una volta emergono comportamenti irrazionali e dannosi per il risparmiatore, e l’industria ne approfitta per vendere ciò che porta maggiori profitti.
I dati riportati da Assogestioni ci dicono che il mercato dei fondi comuni di investimento (escludendo quindi le gestioni patrimoniali) ha visto ad agosto un incremento delle masse gestite pari a 3,2 miliardi di euro e di quasi 40 miliardi da inizio dell’anno.
Questadinamica si è accompagnata ad un periodo positivo per i mercati finanziari, con l’indice della borsa di Milano che ha guadagnato quasi il 20% negli ultimi tre mesi, spingendo quindi in buona misura i risultati dei fondi comuni. Se nell’ottica del risparmiatore sembra normale l’approccio per cui, nel momento in cui i mercati vanno bene si sceglie di investire, e viceversa si disinveste quando i mercati vanno male, dal punto di vista di un consumatore che acquista un prodotto (in questo caso un fondo comune) sarebbe paradossale, come se ci fosse un boom di acquisti quando i prezzi del bene salgono o un crollo durante il periodo dei saldi. Quest’effetto gregge, che invece caratterizza i mercati finanziari, produce effetti estremamente dannosi per le tasche dei risparmiatori che si dimostrano impreparati a pianificare correttamente l’investimento e facile preda di comportamenti irrazionali.
Questa fragilità dal lato della domanda fa sì che la dinamica del mercato sia determinata dall’offerta, che in Italia è rappresentata in larga misura dal sistema bancario. Come emerge nella recente Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani, pubblicato da Intesa San Paolo e Centro Einaudi, quasi il 50% dei risparmiatori dichiara di affidarsi alla propria banca o al promotore nella scelta degli investimenti. I dati sulla destinazione dei risparmi degli italiani sono coerenti con questo scenario in quanto diversi aspetti suggeriscono che le banche e i promotori stiano vendendo soprattutto i prodotti sui cui hanno maggiori guadagni, a discapito della tutela e interesse del risparmiatore. Continua infatti il predominio della diffusione dei fondi di diritto estero rispetto a quelli italiani, tanto che questi rappresentano quasi il 70% del totale delle masse investite in fondi comuni, e continuano a registrare una crescita nominale sostenuta (+2 miliardi di euro durante il mese di agosto). Come abbiamo più volte evidenziato (si veda a tal proposito La vera natura dei fondi estero-vestiti) i fondi di diritto estero, o estero-vestiti, costituiscono una scappatoia legale per le società di gestione per eludere alcune regole imposte da Banca d’Italia volte a tutelare il risparmiatore (guarda il video). Non vi sono ragioni per cui il risparmiatore italiano dovrebbe preferire un fondo estero-vestito e l’enorme diffusione trova ragione solo nel maggiore profitto che questi comportano per le banche e le SGR.
Dalla tabella spicca il dato sulla raccolta dei fondi nel comparto flessibile, pari a 2,3 miliardi. Questo enorme successo potrebbe essere spiegato anche dalla crescente diffusione dei fondi a cedola, che spesso ricadono in questa categoria. Di questo strumento e delle sue caratteristiche abbiamo già parlato in precedenza, e un recente articolo sul Sole 24 Ore ha posto l’accento su una pratica di dubbio beneficio per i risparimatori, messa in atto dalle SGR Arca e Aletti-Gestielle, che ha fruttato alle compagnie un importante ricavato in commissioni.
La notizia che il risparmio gestito abbia raggiunto i massimi dal 2005 è dunque positiva perché suggerisce che gli italiani stanno riuscendo a risparmiare (in media, perché questo dato aggregato nasconde una forte eterogeneità e sappiamo che il mercato fa riferimento soprattutto alle fasce di reddito più elevate). Tuttavia, andando oltre i titoli sensazionalistici, vediamo come questa espansione delle masse gestite nasconda un’impreparazione (e una mancanza di interesse) dei risparmiatori che rimangono in balia di ciò che viene loro proposto e mettono in atto comportamenti irrazionali che li penalizzano. Un investimento più consapevole nasce dunque da un’educazione finanziaria che aiuti ad identificare le proprie esigenze di risparmio e gli strumenti più adatti.
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