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Un modo per evitare costi inutili: tagliare le commissioni di gestione

All’estero sono vietate, in Italia sono uno dei modi facili in cui le Banche rimpinguano i loro bilanci: sono le “commissioni di retrocessione”, ignorate dalla maggior parte dei risparmiatori ma molto pesanti per le loro tasche. La buona notizia? Esiste un modo per evitarle.

di Elisabetta Villa - 11 Giugno 2013 - 5'

All’estero sono vietate, in Italia sono uno dei modi facili in cui le Banche rimpinguano i loro bilanci: sono le “commissioni di retrocessione”, ignorate dalla maggior parte dei risparmiatori ma molto pesanti per le loro tasche. La buona notizia? Esiste un modo per evitarle.

I dati di Assogestioni parlano chiaro: i risparmiatori italiani hanno ricominciato ad acquistare i fondi comuni d’investimento, che nel mese di aprile hanno raccolto 6,9 miliardi di euro (27 mld da inizio anno). Va detto però che non si tratta di variazione dei “gusti dei risparmiatori” ma piuttosto di politica commerciale delle banche, che hanno ricominciato a vendere presso i loro clienti questi prodotti finanziari. La ragione è che questi prodotti hanno un’ottima redditività per le banche, cosa molto positiva in questo periodo di vacche magre legato ai bassi tassi di interesse che rendono poco remunerativo il business tradizionale. Quindi diciamo che più che piacere ed essere utili ai portafogli dei risparmiatori, molti fondi a cedola o a formula (i vincitori nella classifica della raccolta) hanno una struttura commissionale particolarmente ghiotta per i collocatori.

Ma cosa sono le commissioni di collocamento o retrocessione?

Definizione noiosa: con accordo (commissione) di retrocessione si intende la convenzione in virtù della quale il collocatore di un fondo beneficia della retrocessione parziale delle commissioni di gestione da parte della società dei cosiddetti prodotti (fondi o sicav), le aziende che li “producono” insomma.

Definizione pane e salame: comprando un fondo remuneriamo chi lo gestisce per conto nostro con quella che viene chiamata commissione di gestione; una parte di questa commissione è tipicamente “girata” dalla sgr che gestisce il fondo a chi lo vende, il collocatore. Attenzione: questo fa sì che per i fondi comuni non esista un’unica commissione di gestione, ma una vasta gamma per accontentare tutti i collocatori e che il nostro rendimento possa essere pesantemente abbassato a causa di queste commissioni; fate riferimento a questo post per approfondire.

In un simile quadro è difficile non farsi venire il dubbio che qualche collocatore possa privilegiare i prodotti che, sebbene non garantiscano il miglior rapporto prezzo/qualità per l’investitore, assicurano al collocatore stesso e alla Banca/Istituzione per cui lavora una elevata commissione di retrocessione.

Ed è proprio per questo motivo che all’estero questo tipo di commissioni è vietata. Nel Regno Unito, come scrive anche il Sole 24 ore dell’8 giugno, la normativa vieta l’applicazione di questa struttura commissionale. Altri Paesi si stanno attrezzando per eliminare questo palese conflitto d’interesse.

E l’Italia? Secondo il Global Fund Experience Report di Morningstar l’Italia è molto in basso nella classifica dei comportamenti virtuosi per i clienti dei fondi comuni d’investimento (costi e tasse sono i nostri punti di debolezza). Non ci stupisce se pensiamo che la maggior parte delle sgr in Italia è di emanazione bancaria (con ovvi conflitti d’interesse), che l’imposta di bollo penalizza i piccoli risparmiatori a vantaggio delle grandi banche (e la nostra battaglia continua), e che l’Italia è in perenne ritardo nel recepimento di normative europee a tutela dei risparmiatori.

A questo proposito, tornando proprio alle retrocessioni ai collocatori, la Direttiva Europea ha introdotto nel 2004 la possibilità per il risparmiatore di scegliere se comprare i fondi in modalità self service “execution only” con commissioni ridotte, oppure a commissioni piene, pagando anche per il servizio offerto dai collocatori. L’Italia (con la Mifid) ha recepito questa direttiva solo nel 2007 ma, ad oggi, sul mercato italiano, c’è un’unica realtà che offre questa libertà di scelta ai risparmiatori.

L’execution only, consente a chi è autonomo, di comprare i fondi direttamente, scavalcando la distribuzione e i servizi di cui non ha bisogno. La classe a costo pieno invece, remunera il collocatore per il servizio e supporto offerto al cliente .

Essere indipendenti come persone ed aziende significa anche poter evitare costi inutili, prima ovviamente occorre conoscerli.

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