La nuova corsa all’oro è ricca di anneddoti di risparmiatori che, presi dalla paura della crisi, hanno deciso di vendere (disinvestire) gli strumenti finanziari e comprare (investire in) oro. Eppure, chi negli ultimi due anni si è fatto influenzare dall’effetto gregge, non ha necessariamente fatto un buon affare. Ad esempio, nonostante il diffuso timore di default dell’Italia, chi ha avuto fiducia nel Bel Paese ha goduto di un rendimento di gran lunga migliore rispetto al più classico dei beni di rifugio, l’oro.
Nonostante l’oro non sia un vero e proprio investimento, non dà interessi, cedole o dividendi e il suo rendimento è esclusivamente legato all’aumento del suo valore per oncia, il suo andamento è spesso usato come paragone per i rendimenti di altre categorie d’investimento. Storicamente, l’oro è stato il supporto delle valute globali, prima direttamente sulla base delle riserve aurifere di ogni banca centrale e poi in rapporto al cambio col dollaro. Dal 1971 il prezzo dell’oro è stato lasciato libero di variare secondo i meccanismi di mercato. Oltre alla sua rilevanza storica quindi, l’oro ha sedotto per molti anni gli investitori ed i risparmiatori perché è un bene tangibile. Ma siamo sicuri che investire in questo prodotto sia sempre conveniente?
Abbiamo deciso di confrontare la performance dell’oro* con quella di un Indice Italia (Citigroup Italy GBI), un indice costruito con tutti i titoli governativi italiani a tasso fisso che hanno scadenza superiore ad un anno. Il nostro periodo di riferimento va dal 9 Novembre 2011, data in cui lo spread (il differenziale tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni italiani e tedeschi) ha raggiunto il suo massimo (553 punti) fino al 18 aprile 2013, giorno successivo al crollo verticale dell’oro – un ribasso di circa 200 dollari (7%).
La crisi inziata nel 2007 e che ancora oggi fa paura, ha aperto la caccia al più classico dei beni di rifugio, l’oro. Il 10 Novembre 2011, Il Sole 24 Ore lanciava un appello alle istituzioni per salvare l’Italia dalla crisi di fiducia: “Fate Presto”. In uno scenario in cui molti economisti concordavano sull’imminente fallimento dell’Italia ed il conseguente default del nostro debito pubblico, i rotocalchi inneggiavano all’investimento sicuro nell’oro sovrano sia per i singoli risparmiatori che per le banche centrali.
Quelli che invece hanno optato per una strategia contrarian, che consiste nell’andare contro il mercato, comprando quei titoli che sono sottovalutati e vendendo titoli in crescita o sopravvalutati, sono usciti, almeno per ora, “vincitori”. Come si vede nel grafico, negli ultimi 30 mesi gli investimenti in titoli di stato italiani hanno infatti avuto un rendimento sempre superiore a quello dell’oro. In poche parole, se nel Novembre del 2011 avessimo investito €1.000 nell’Indice Italia oggi varrebbe circa €1.320, mentre, lo stesso capitale investito in oro varrebbe solamente €812 – una differenza importante di oltre €500!
Teniamo presente che, confrontando orizzonti temporali diversi, vedremmo sicuramente uno scenario diverso. Ad esempio, chi ha investito in oro 8 anni fa, a parità di condizioni, oggi avrebbe una performance migliore rispetto a chi ha investito in titoli italiani. Ma, il trend degli ultimi due anni sottolinea un elemento chiave, seguire il gregge non è sempre l’atteggiamento corretto. Nella ricerca del giusto strumento di risparmio è infatti necessario valutare il vero valore dell’investimento che si considera.
*Nota metodologica: L’oro è tipicamente quotato in dollari per oncia ma per un confronto più preciso abbiamo calcolato la quotazione in euro per oncia per ogni giorno.
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