“Se perdere la Grecia o il Portogallo può essere considerata una sfortuna, perdere l’Italia sarebbe invece negligenza. E’ difficile immaginare la moneta unica sopravvivere alla resa dei conti con l’Italia, la terza economia dell’Euro …”.
E’ questo il monito lanciato nel recente articolo “The Italian Job” pubblicato sul famoso settimanale britannico “The Economist”, in cui le performance dell’economia italiana a partire dall’adozione dell’euro vengono definite addirittura miserabili. Cerchiamo di capirne il motivo.
1) Reddito reale pro capite inferiore al 1999 (l’anno di introduzione della moneta unica).
2) Rapporto debito pubblico/PILal di sopra del 130%.
3) Perdita di competitivitànei mercati mondiali. In 15 anni si è registrata una forte diminuzione della produttività, non accompagnata da una riduzione dei salari, con l’export italiano che ha perso il ruolo di “motore della crescita”.
4) Criticità delle sofferenze bancarie. Nel sistema bancario ci sono 200 miliardi di crediti deteriorati, più altri 150 miliardi di debito classificato come problematico. L’Italia è terza in Europa, (dietro a Grecia e Irlanda), per il peso dei Non-Performing Loans (che abbiamo trattato in questo articolo). Oltre al grosso stock di crediti deteriorati, secondo Standard & Poors le banche italiane soffrono di rigidità strutturali, scarsa efficienza, elevata frammentazione e difficoltà nel conseguire economie di scala.
5) Carenze della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario: l’Italia occupa il 156° posto nella classifica sulla durata dei processi stilata dalla World Bank.
6) Pressione fiscale elevata. L’Italia è considerata uno dei paesi più cari per iniziare una nuova attività d’impresa: è al 56° posto nella classifica mondiale per la facilità di creare una nuova impresa; terza in Europa per livello di aliquota fiscale sulle imprese.
7) Corruzione ed evasione fiscale: penultima tra gli Stati Membri dell’Unione Europa nel ranking sulla corruzione percepita dai cittadini (indice CPI); prima per tasso di economia sommersa tra i paesi OCSE secondo un recente sondaggio.
Eppure qualcosa si move
Il 2015 è stato un anno record per la Borsa Italiana, sia in termini di performance che di nuove quotazioni. Piazza Affari ha segnato il rialzo più alto a livello mondiale tra i listini principali, se le performance degli indici vengono confrontate in valuta locale.
Il Ftse Mib, ha guadagnato il 13,94% e il Ftse All Share addirittura il 16,47% superando di gran lunga Parigi, Francoforte e Tokyo, che si attestano attorno al 10%, e ancora di più Wall Street e Londra.
Nel 2015 ci sono state 32 nuove società sbarcate sul listino milanese, una cifra che non si vedeva dal 2007.
Sempre nel 2015, I’Italia ha ricevuto circa “un euro su sei” dei finanziamenti ai paesi Ue da parte della Bei (Banca Europea degli Investimenti). 11,7 miliardi di euro sono stati investiti in nuove operazioni e 7500 Pmi nazionali sono state finanziate.
Buone notizie, infine, anche dal settore hi-tech.
Negli ultimi giorni gli annunci di investimenti multimilionari di alcuni colossi informatici hanno riacceso le speranze di un’accelerazione digitale del nostro paese.
Prima tra tutte, Apple con l’apertura a Napoli del primo Centro di sviluppo app d’Europa (il secondo in tutto il mondo), una scelta che equivarrà alla creazione potenziale di 600 nuovi posti di lavoro specializzato per studenti e sviluppatori.
Google a Bologna ha da poco inaugurato l’Innovation development center, primo laboratorio universitario per le tecnologie Google for Work.
Amazon in Italia nel 2015 ha creato oltre 600 posti di lavoro a tempo indeterminato (ora sono oltre 1400 i dipendenti); per il 2016 annuncia assunzioni presso la sede di Milano, il customer service di Cagliari e i due centri di distribuzione di Castel San Giovanni e Milano.
Huawei ha affermato che continuerà a investire in Italia, che è considerata un “mercato strategico e attraente”.
Il Paese sembra uscire da quel buco nero dove era stato trascinato per lunghi anni e una rinascita può partire dal fronte dell’innovazione tramite le competenze tecnologiche e la formazione nelle aziende.
Anche se è ancora troppo presto per parlare di ripresa consolidata, i capitali stranieri stanno tornando in Italia scommettendo sulla crescita del nostro Paese.
Nonostante l’esperienza “miserabile” dall’ingresso dell’euro, per certi versi oggi l’Italia sta tornando ad essere un mercato attraente.